Informativa sull’insediamento TATA Motors a Singur (West Bengala) nel quadro della partnership TATA/Fiat
2 dicembre 2006 e giorni che seguono in località Singur, 40 km da Kolkata:
1.
In quest’area nota per la sua fertilissima agricoltura, frutto di una radicale quanto lodata riforma agricola (la ridistribuzione delle terre successiva ai ‘moti contadini’ degli anni ’70, vanto dell’amministrazione comunista del Bengala occidentale) scoppia la sommossa. Moltissimi i feriti e attivisti in stato di fermo. In prigione finisce anche Medha Patkar.
Oggetto del contenzioso 1000 acri di terreno, circa 400 ettari in plotti di varie dimensioni, che fino a ieri, a una media dai 3 ai 5 raccolti all’anno, rappresentavano una fiorente agricoltura.
Ma è proprio su quei terreni che TATA Motors ha deciso di insediare il suo stabilimento (e annessa cittadella per l’indotto, i servizi, il volano dei consumi) da destinare all’attesissima auto low-cost, la super-utilitaria annunciata da anni.
I contadini avevano già espresso decisa opposizione nei mesi precedenti: la sicurezza dei campi, un relativo benessere, pochissima voglia di diventare operai, queste le loro ottime argomentazioni. Oltre al fatto che solo una minoranza possiede regolari “titoli” di proprietà, la maggioranza lavora in quei campi da due, tre generazioni come bargadar, ovvero in condizioni di mezzadria.
Le prime manifestazioni risalgono alla metà di maggio 2006. In particolare il 25.9.2006 la protesta era stata massiccia, con scontri di polizia, numerosi feriti e un morto – grazie al quale (!) il caso Singur aveva goduto di un minimo di copertura a livello internazionale.
2.
Guidano la protesta alcune formidabili figure di donne. Nell’arco dell’opposizione parlamentare Mamta Banerjee, leader del Trinamool Congress Party, figura molto amata in India per l’inusuale frugalità dello stile di vita e per l’irreprensibilità con cui rappresenta la vocazione grass root del suo partito (che è infatti la traduzione letterale della parola Trinamool). Come simbolo una pianticella: per esprimere la particolare vicinanza ai valori della terra. E in totale indipendenza rispetto a qualsiasi formazione politica, anche Medha Patkar, infaticabile leader di tante resistenze territoriali e ambientali: da quella ultraventennale contro il colossale progetto di dighe lungo il corso del Fiume Narmada, a quella contro il progetto di interconnettere i maggiori fiumi dell’India – a quella sulla crescente povertà urbana e più di recente contro le cosiddette SEZ (Special Economic Zones).
3.
Sebbene dunque osteggiata, sebbene a TATA Motors sia stata suggerita nonchè materialmente offerta l’opzione di occupare altri terreni NON agricoli (o NON così intensivamente coltivati) l’operazione di recinzione dell’area viene imposta il 2 dicembre con la forza (600 poliziotti, 1500 manovali) e con gli esiti sopra descritti. E infine completata, in un clima sempre più incandescente, il 6 dicembre.
Una grande dimostrazione di protesta sigla lo stesso giorno la fine di un mito, per la storia dell’India e per l’area internazionale della sinistra: quello del (retoricamente detto) “Partito Comunista più ampio e democraticamente eletto al mondo”.
Riconoscibile tra il Quarto Stato che sfila per le strade per niente shining di Calcutta anche qualche faccia di anziano leader naxalita. Tra essi Kanu Sanyal, che capeggiò la rivolta di Naxalbari 40 anni prima. La storia evidentemente si ripete, e si ripete doppiamente: in quanto replay di quegli stessi moti di 40 anni prima, come nel replay di inflessibilità e violenza di cui quella stessa Private Enterprise (TATA & Sons) è stata protagonista solo pochi mesi prima. Sono infatti ancora molto vivi nel ricordo di tutti I morti di Kalinga Nagar, nord dell’Orissa (primi di gennaio 2006): dove la stessa TATA, nel suo comparto acciaio (TATA Steel), era stata al centro di un caso analogo di forzata requisizione territoriale in un’area tribale e di fatto “mandante” dei sanguinosi scontri che ne erano seguiti.
E anche qui: dalle campagne di Singur I disordini dilagano presto con violenza anche nella città di Calcutta. Lo show room di TATA Steel viene preso d’assalto e devastato. Numerosi gli episodi di disturbo.
Per dare massima visibilità alla protesta la leader del Partito Trinamul Mamta Banerjee comincia un lungo sciopero della fame dichiarando di essere disposta a morire ma non di arrendersi all’illegalità di questa occupazione attuata con il ricorso ad un editto coloniale, quello stesso Land Acquisition Act che gli inglesi avevano imposto all’India del 1894 – e che vale tuttora, tuttora viene impugnato per “risolvere” qualsiasi controversia territoriale. Con la differenza che gli inglesi lo limitavano solo a casi di public interest (opere pubbliche, viarie, ferrovie ecc); ma per l’odierna Shining India il public interest significa industrializzazione tout court cioè massimi incentivi per chiunque voglia investire, conglomerati (o Grandi Famiglie di) industriali o multinazionali, welcome all.
“È una Guerra che lo stato ha dichiarato ai contadini dal 25 settembre” dichiarano i leaders della protesta contadina in più occasioni, reiterando il principio che lo sviluppo industriale non può essere in conflitto con lo sviluppo (tra l’altro ancor così carente) dell’agricoltura; e richiamando di nuovo l’attenzione sui numerosi terreni non coltivati che potrebbero ugualmente corrispondere (ma con minor danni) alle necessità delle industrie TATA.
In solidarietà con i contadini di Singur si rivedono per più giorni successivi l’attivista Medha Patkar oltre alle scrittrici Mahasveta Devi e Arundhati Roy che il 10 dicembre guida un corteo di protesta a New Delhi contro la sede del PCI-M. Coinvolti anche l’economista John Dreze, lo storico Sumit Sarkar e una folta schiera di artisti e intellettuali, che scrivono, organizzano convegni, diramano petizioni e appelli: tenendo vivo nei giorni e nelle settimane successive il dibattito che seguirà sempre più acceso sui media.
4.
Circa la natura speculativa di questa acquisizione, eccessiva per un singolo impianto ma assai promettente per lo sviluppo edilizio e per il volano di indotto e di consumi che del resto risulta già previsto nella stessa fase di planning, vengono avanzate argomentatissime critiche. TATA si dichiara però indisponibile a negoziare.
Nel ruolo che si immaginerebbe di mediatore e che invece è di Agente delle industrie TATA risulta il Partito Comunista del West Bengala, nella persona del suo leader Bhuddhadeb Bhattacharjee, da mesi lodatissimo dalla stampa economica indiana (e sempre più anche da quella occidentale) come ‘new face’ del fronte di sinistra, con chiare inclinazioni neo-liberiste. Benchè solidale in tanti altri recenti casi di sfollamento ambientale B. Bhattacharjee si è fatto garante con le Industrie TATA circa il buon fine del progetto, in vista degli ulteriori investimenti industriali di cui il West Bengala avrebbe “prevalente bisogno, dopo la raggiunta autonomia alimentare”.
5.
Metà / fine dicembre 2006: la situazione si aggrava. Il contenzioso raggiunge un particolare climax di gravità con il rinvenimento (18 Dicembre 2006) del corpo carbonizzato di Tapasi Malik, una giovane attivista del Comitato per la Difesa della Terra (Krishjami Raksha Committee).
Nella versione che fin da subito viene fatta circolare sulla web, e più ancora dalle raccapriccianti foto che la accompagnano, si parla di violenza carnale e di gruppo, e di kerosene gettato sul corpo della vittima poi ridotta in falò.
La violenza viene subito letta come un’azione intimidatoria e attribuita a un drappello al soldo delle industrie TATA in combutta con le forze dell’ordine. Versione smentita dalle autorità del Bengala – e recentemente confermata dalle indagini che sono state condotte nei mesi successive al fatto. Il caso resta tuttora all’esame dell’Alta Corte di Calcutta. Il clima di tensione continua con scaramucce e arresti nei giorni seguenti – fino a che (fine dicembre 2006) Mamta Banerjee è costretta ad interrompere lo sciopero della fame che sta portando avanti ad oltranza da 24 giorni e viene ricoverata in ospedale.
Fa un certo rumore alla fine dell’anno un’Intervista esclusiva rilasciata da Ratan TATA al canale NDTV, Presidente delle Industrie TATA. Dal piccolo schermo egli si dichiara certo che “ad infuocare gli animi di Singur ci sia lo zampino della concorrenza”. Non immediate, ma molto energiche, le reazioni del più sicuro concorrente-TATA, ovvero Maruti Udyog: il cui Managing Director, Jagdish Kattar, vorrebbe immediati chiarimenti. Da quel momento in poi il caso TATA-Singur assume un quid di ulteriore conflittualità: come “contesa” tra concorrenti nello stesso comparto produttivo.
6.
Prima metà di gennaio 2007: il Centre for Science and Environment ha appena inviato un’interrogazione al Governo di Delhi circa la dubbia qualità ambientale del progetto “low cost car” e connesso volano consumistico a Singur (considerato il crescente e già allarmante inquinamento delle città indiane e la necessità semmai di investire in trasporti pubblici) che nuovi disordini scoppiano violentissimi in un’altra area del West Bengala, a Midnapore: dove ben 22.000 acri di terreno sono stati promessi alla SALIM Industry (Indonesia) per un vasto insediamento petrolchimico a Nandigram.
La violenza raggiunge l’apice nella notte tra il 6 e il 7 gennaio con scontri tra non meglio identificate “squadre paramilitari” e “avanposti” del fronte contadino che a turno fanno la guardia ai terreni : bilancio 11 morti durante la “notte del terrore” in cui l’intera regione viene messa a ferro e fuoco senza alcun intervento da parte delle forze dell’Ordine.
8 gennaio: tutto il West Bengala è in stato di “bandth” (sciopero generale). Calcutta deserta, pochissimi I veicoli autorizzati a viaggiare nell’intera regione, trasporti bloccati, ben 1500 in stato di arresto. Altra manifestazione studentesca il 9 gennaio – e 4 bombe che vengono fatte esplodere entro le terre già perimetrate da TATA a Singur.
Sulla stampa Buddhadeb Bhattacharjee prova a far passare la versione che si è trattato di scontri “intercomunitari”, con il risultato di provocare l’indignata reazione dei rappresentanti delle comunità islamiche (e un avvicinamento delle loro frange più estremiste con il fronte naxalita, più che mai in auge man mano che la crisi continua).
Bhattacharjee esprimerà rammarico per i fatti di Nandigram – ma NON l’intenzione di trattare sugli impianti automobilistici promessi a TATA in quel di Singur. I cui lavori sono già molto in ritardo e annunciati come imminenti. Nel tentare di raggiungere l’area l’attivista Medha Patkar viene di nuovo arrestata per la terza volta.
12 gennaio: il Governo del West Bengala rende noto un documento di 372 pagine contenente i nomi dei 15.000 contadini che avrebbero acconsentito a vendere I loro terreni. A parte il fatto che l’elenco riguarda solo 464 acri sul totale di 997 acri in contenzioso (e cioè NON rappresenta la totalità delle requisizioni già effettuate) Mamta Banerjee obietta che molti dei nomi risultano ripetuti più volte – e molti dei nominati denunciano le condizioni ‘coatte’, sotto minaccia, del loro consenso.
17 gennaio: molto rilievo viene dato all’iniziativa di un tour offerto ad alcuni rappresentanti dei villaggi espropriati nel quartier generale TATA a Jamshedpur, nel vicino stato del Jharkhand (ed ex sud Bihar). L’obiettivo è mostrare loro la superiore qualità di vita raggiunta in 100 anni di amministrazione “privata” del territorio.
21 gennaio: nonostante la controversia sia più che mai aperta, nonostante il contratto di leasing con le autorità del West Bengala non risulti ancora neppure firmato, TATA decide che il progetto “low cost car” non può attendere e passa ai fatti. All’interno dell’area contestata si celebra il “bhomi pooja”, rituale (molto importante per l’India) che esprime voti di buon auspicio per una certa impresa che sta per partire, Con ciò viene così sancita la proprietà TATA sui terreni e l’inizio della effettiva (non più solo picchettata) recinzione in muratura. In un clima di apparente calma I lavori procedono con rapidità e gran dispiego di forza pubblica.
25 gennaio: viene diffusa la notizia del crescendo di entusiasmo da parte di alcuni ex-contadini di Singur per il Progetto TATA. Sarebbero già 250 (o forse addirittura 700) I “volontari” arruolati – benchè su un totale di 22.000 residenti non sia gran cosa…
Il partito della dissidenza non si da però per vinto: il 26 gennaio un corteo di donne viene bloccato mentre cerca di dare fuoco a un tratto dell’odiata recinzione.
Ma di nuovo il 27 e 28 gennaio lo scontro riprende più furioso che mai: dimostrazioni a scacchiera, arresti di militanti naxaliti, mentre il Trinamool Congress Party ricorre al RTI (Right To Information Act, una legge di recente introduzione e di grande importanza per la vita pubblica indiana) denunciando la non trasparenza dell’accordo siglato dal Governo Bengalese con TATA. Alla fine dell’ennesimo week end di fuoco il bilancio è di 40 feriti (tra cui 11 poliziotti) e 1000 fermi di polizia.
29 gennaio: in favore dei TATA e del PC del Bengala sfila una contro-manifestazione. Nello stesso giorno in cui a Delhi Sonia Ganghi ricorda il Mahatma Gandhi alla presenza dei Capi di Stato di un buon numero di nazioni (compreso il Ministro Francesco Rutelli, in rappresentanza del Governo Italiano) auspicando una “più equa crescita per tutti” Mamta Banerjee dichiara il suo ultimatum al Governo dell’India: se entro il 10 Febbraio TATA non recederà dai suoi piani nelle aree agricole del Singur, nè lei nè il suo partito sarà in grado di garantire circa le conseguenze che potranno derivare in termini di ordine pubblico.
30/31 gennaio: l’ultimatum viene ignorato dalle autorità bengalesi. Anche perchè nel frattempo Ratan TATA è diventato il super-eroe di shining India per l’avvenuta acquisizione dell’acciaieria anglo-olandese Corus – operazione pesantemente ‘punita’ dal mercato con un calo del titolo del 10%, motivato (secondo le prime analisi) dall’eccessiva esposizione finanziaria richiesta, in condizioni di mercato assai fluttuanti per l’acciaio.
Sfruttando il momento favorevole sulla stampa il Governo Comunista del West Bengala ribadisce: quello stabilimento sarà in grado di creare non meno di 12.000 posti di lavoro.
7.
Mentre I lavori di recinzione continuano intorno agli ex campi agricoli di Singur (ma sempre sotto il presidio della polizia) il 1 febbraio si registrano scontri anche a Kharagpur: altri 1280 acri di terreno di nuovo promessi a TATA questa volta nel settore delle scavatrici. (TELCON). Marcia di contadini, lettera di protesta consegnata alle autorità, medesimo copione tentato invano mesi prima (a maggio) per Singur.
Il giorno dopo, 2 febbraio, la stampa indiana dà risalto alle conclusioni emerse da una Fact-Finding mission formata da una rosa di rispettati opinionisti e intellettuali: gli scontri e i gravi fatti verificatisi a Singur e poi a Nandigram sono da imputare al fatto che gli abitanti delle aree interessati NON SONO stati plenariamente consultati: non è stato considerato il loro individuale dissenso, nè quello espresso dalle loro tradizionali rappresentanze (panchayats, gram sahads, considerati i pilastri della ‘democrazia’ indiana). Da più parte vengono ribadite le ragioni di scetticismo circa questa industrial option che non sembra affatto garantire un soddisfacente assorbimento della popolazione; e circa la pochezza di quelle indennità così inadatte a compensare la sicurezza dalla terra.
Il 3/4 febbraio marca l’ennesimo week end di fuoco a Singur: marce, lacrimogeni, manganellate, 200 arresti, 40 feriti. Ciò non impedisce che nell’altra area contestata (a Nandigram) il Rally della coraggiosa Mamta Banerjee venga seguito da non meno di 300.000 persone. “Finchè mi rimarrà una goccia di sangue, mi opporrò a questa requisizioni” ripete lei ai microfoni.
5/6 febbraio: l’amministrazione Bengalese si dice disposta a trattare sul progetto delle industrie indonesiane SALIM a Nandigram – ma non su quello di Singur.
Mentre la guerriglia continua, viene imposto il ‘prohibitory order’ (divieto di riunione) fino alla notte del 14 Feb, data in cui dovrebbe tenersi un comizio di Bhuddadheb Bhattacharjee. Ennesima dichiarazioni di Ratan TATA: il progetto è una grande occasione di crescita, la small car uscirà nei tempi previsti, chi causa i disordini è contro lo sviluppo che TATA può rappresentare per la regione. Lo dimostra regalando alla città di Kolkata un ospedale specializzato per la cura del cancro,.
7 febbraio: di nuovo gli scontri continuano sia a Singur (dove I dimostranti riescono ad abbattere la recinzione dei campi in parecchi punti) che a Nandigram.
Muore un poliziotto, travestito da contadino – molto probabilmente linciato dalla folla. Nonostante la spirale di violenza abbia raggiunto un simile climax (come pre-avvisato giorni prima da Mamta Banerjee) l’amministrazione bengalese conferma il disegno di massiccia industrializzazione: “Se torniamo indietro adesso non potremo recuperare poi…”
E dichiara anche: “Il nostro vessillo non può certo ignorare le ragioni della falce, ma è giusto dare priorità ora al martello”. Gli fa eco l’ennesima Joint Vent TATA con la brasiliana Marco Polo per la produzione di Autobus da turismo: l’impianto sarà tra I più grandi del mondo.
8 febbraio: TATA dà ampio risalto alle micro-economie che già proliferano lungo quel contestato muro di cinta (donnine che distribuscono il chapatti con il dahl, bambini che distribuiscono il chai ecc.) mentre il Chief Minister Bhattacharjee si dice disposto a negoziare e invia una lettera al leader dell’opposizione auspicando una “soluzione pacifica e razionale”. Risposta “Un dialogo sarà possibile solo quando le terre contestate verranno restituite e annullato ogni piano di industrializzazione ai danni del settore agricolo.” La situazione permane tesissima su tutti I fronti.
9 febbraio: si registra il rinvenimento di altri due corpi cadaveri, un ingegnere e il suo autista, la cui sparizione era stata denunciata giorni prima – non si sa se legati oppure no al progetto TATA. Tutte le vie di accesso verso Singur sono di nuovo sotto controllo della forza pubblica, in vista della marcia indetta (giorni prima, oggetto del famoso Ultimatum) dal Trinamool Party.
Considerata la gravitå della situazione, Brinda Karat (Segretario Generale del PCI-M, e donna di grande appeal mediatico in India) annuncia la sospensione di tutte le SEZ (Special Economic Zones) in West Bengal, con particolare riferimento a Nandigram – ma fatta eccezione per quella assegnata ai TATA a Singur. Ma per la prima volta dall’inizio della vicenda si ammette che non tutti gli agricoltori inizialmente elencati come “consenzienti” hanno accettato le indennità.
8.
Sta per partire la Missione-Prodi in India (10 – 15 febbraio) e nonostante il programma individui nella Regione del West Bengala l’area privilegiata di interesse e investimento, la “grande” stampa italiana (esclusi quindi un paio di Articoli su Il Manifesto e qualche altro sito) non ha ancora dedicato a questa vicenda NEPPURE UNA RIGA - benchè durante la Conferenza Stampa di annuncio della Missione stessa (il 9 febbraio a Montecitorio) le uniche domande posta al terzetto Prodi-Bonino-Montezemolo (domande poste dalla sottoscritta e dal collega Peter Popham, Corrispondente per The Independent) riguardino proprio il “conflitto ambientale a Singur e “l’imbarazzo che esso potrebbe provocare all’immagine dell’Italia, oltretutto nell’anno dell’Italia in India…” Il Ministro del Commercio Emma Bonino (che per preparare la Missione medesima ha trascorso parecchi giorni in India nelle settimane precedenti) sembra perfettamente al corrente della situazione, limitandosi ad annuire con il capo; Romano Prodi raccoglie le carte e ignora la domanda; e risponde per tutti Luca Cordero di Montezemolo : “TATA è la Prima Industria Indiana, avremo modo di discuterne quando saremo a Kolkata”. L’affollata Missione (oltre 400 business-men) parte e pochi giorni dopo torna, senza alcuna notizia, da parte dei giornalisti al seguito, circa lo scontro sociale in corso da mesi nella regione principalmente target della Missione stessa.
Verso metà Febbraio il “Bhudda Rosso” tiene il suo primo comizio “pacifico” da mesi, mentre un grosso punto a favore dell’opposizione è il verdetto della Corte Suprema di Calcutta che revoca il “divieto di riunione”. Mamta Banerjee ne aprofitta per indire una seguitissima manifestazione il 17 febbraio. E di nuovo qualche giorno dopo reitera che TATA se ne dovrà andare da quelle terre: “Per loro sarebbe così facile, sono così immensamente ricchi… Non così chi di quelle terra viveva, nella maggioranza dei casi senza neppure possederla.” Il costo sociale di queste requisizioni è infatti particolermente insostenibile per i bargadars (lavoranti a mezzadria) che privi di titoli di proprietà non potranno reclamare alcuna indennità.
Dello stesso avviso sembra anche l’Alta Corte di Calcutta, che il 26 febbraio mette clamororamente in dubbio l’illegalità di tali requisizioni e chiede al Governo del West Bengala di comprovare (entro metà marzo) che tutti I contadini hanno volontariamente sottoscritto il proprio sfratto. Ma di nuovo (25-26 febbraio) scoppiano violenti scontri con tentative di sfondamento in più punti della recinzione.
Bhattacharjee reitera la disponibilità a riconsiderare dimensioni e modalità di molte SEZ in programma, ma di non quella di recedere su questa di Singur in favore di TATA Motors “per gli impegni già presi con gli investitori stranieri…” Allude forse anche alla Delegazione Prodi? A quella data l’Italia appare in effetti come la nazione “apripista” sul fronte degli investimenti diretti in Bengala occidentale.
La situazione precipita di nuovo, e con inaudita violenza, nella prima metà di marzo: 14 morti a Nandigram sull’area che era stata destinata al gigante indonesiamo della petrolchimica Salim. Decine di feriti, stupri e violenze denunciati anche da molti tra le forze dell’ordine – e parecchi tentativi di sabotaggio lungo il muro di cinta della TATA Motors a Singur. Il cui Amministratore Delegato Ravi Kant di nuovo reitera il 30 marzo: “Non dobbiamo rendere conto a nessuno…”
Questa memoria si ferma qui (aggiornamento in corso…). Ma lo scontro sociale e il dibattito politico sui fatti e nella regione qui descritti non si conclude con gli episodi di sangue di marzo a Nandigram: un ennesimo suicidio (impiccagione) da parte di un ex contadino disperato si è verificato proprio i primi di settembre, nel mese in cui prima della “low cost car” i campi di Singur erano verdissimi e maturi per i raccolti. E insomma il caso TATA-Singur non può considerarsi chiuso: continua nell’emergenza dei tanti casi umani nonchè (in termini troppo complessi per essere qui riassunti) sul fronte legale.
Il progetto “low cost car” è in ogni caso proseguito: il prototipo è stato annunciato come la “novità” del Motor Show di New Delhi il prossimo gennaio.
Molte altre industrie dell’indotto hanno annunciato di volersi insediare nelle stesse aree di Singur. Il progetto industriale di “Red Bhudda” Bhattacharjee può dirsi quindi riuscito…
LA POSIZIONE DELLA FIAT
FIAT sigla un primo accordo di collaborazione con TATA verso la metà del gennaio 2006, a seguito di numerosi incontri che cominciano (a quanto è dato ricostruire) con la visita del Presidente Ciampi & Confindustria in India del Febbraio 2005. L’accordo viene definito fin da subito strategico, inizialmente limitato alla reciproca valorizzazione del prodotto-auto nei rispettivi mercati, e via via concretizzato con l’utilizzo a pieno regime degli impianti FIAT nei pressi di Pune (che rappresentavano un capitolo di grave e continua perdita in un mercato peraltro in vivacissima espansione).
Risale alla metà di dicembre 2006 (si noti: negli stessi giorni in cui si le cronache registrano il macabro ritrovamento del corpo stuprato e carbonizzato di Tapasi Malik) l’annuncio di un ulteriore investimento per la produzione della Grande Punto (100.000 unità) e di 200.000 motori a cambio, nonchè della co-produzione della famosa suddetta “LOW COST car” (anche detta “people’s car”). Vengono annunciati nella stessa data anche interventi su mercati terzi: Sudafrica, Latinamerica e Cina. E verso la fine del mese di Febbraio 2007 (ovvero in noncurante contemporaneità con i fatti sopra riportati) vengono ratificati anche gli accordi relativi ai vari interventi congiunti (progetto pick up) in America Latina. Andrebbe capito se e da quando e in quali quantità FIAT ha cominciato ad approvigionarsi dell’acciaio TATA – poichè circa la sostenibilità ambientale non tanto della lavorazione (nel complesso siderurgico TATA Steel di Jamshedpure) ma delle condizioni nel lavoro di estrazione del metallo di ferro e carbone nelle zone minerarie del Jharkhand, andrebbero sollevate serissime obiezioni.
Circa il progetto “low cost car”: TATA ne parla da almeno 3 anni prima di insediarsi a Singur e fin da subito I pubblicitari la descrivono come la ‘dream-car’ dell’indiano qualunque, il passo subito dopo alla motoretta – quella che fu la nostra Topolino (ma con proiezioni di mercato ben più colossali) in un segmento su cui in effetti stanno puntando tutti i big dell’auto, soprattutto in Asia.
Con il matrimonio con FIAT il dream diventà realtà: TATA Motors fa parte di una conglomerata che è nata con l’acciaio (e questo conta molto anche per la Fiat, come non mancano di sottolineare fin dalle prime i vari reports finanziari che forniranno il drive della rimonta del titolo FIAT sul mercato azionario) ma può considerarsi una ‘new player’ nel settore auto, e soprattutto nel segmento “small size” non ha alcuna esperienza (che invece fa parte, come tutti scrivono, “del DNA della Fiat”).
È comunque intorno alla metà di Novembre che soprattutto la stampa economica indiana riprende con certezza la notizia di una diretta partecipazione FIAT sul progetto low-cost: per la fornitura del motore e per l’apparato di trasmissione dei comandi. Ma con i primi scontri di Singur, di FIAT non si parla più.
Se ne riparla solo dal 24 gennaio in poi, ovvero dopo la presa “di possesso” delle ex-terre agricole ufficializzata dalla pooja ben-augurale. L’annuncio, durante una “Conferenza Stampa” dal quartier generale TATA a Mumbai (evidentemente contando sul fatto che l’incidente può ritenersi chiuso) viene diplomaticamente dato nei termini di gradito contributo. “FIAT si è offerta di collaborare al progetto ‘1 lack car’ (auto da 100.000 rupie) e abbiamo accettato l’offerta” è la dichiarazione del Managing Director di TATA Motors, Ravi Kant (cfr The Hindu, 23 Jan 2007) che rassicura gli analisti del settore e al tempo stesso “allevia” il ruolo del partner nella vicenda. La notizia viene comunque ripresa con il rilievo che merita su tutta la stampa, soprattutto italiana, in coincidenza con l’entusiastica pubblicizzazione degli obiettivi raggiunti, e delle quote di mercato riconquistate. Ma senza alcuna menzione circa l’ingestibilità nell’area di Singur.
Tra metà/fine gennaio e I primi/metà di febbraio la stampa italiana è letteralmente inondata dalle notizie circa il sorprendente recupero Fiat che via via confluiscono nel battage non meno corale circa la missione Prodi/Confindustria in India. È un vero e proprio crescendo di entusiasmi che individua nel matrimonio TATA-Fiat il traino di un volano destinato ad andare (come si vedrà poi in seguito) ben oltre il settore dell’auto.
È in questo quadro di grave, ampiamente pre-vedibile ma sempre più ingestibile turbolenza che anche sulla stampa indiana il 17 febbraio (Zee News) la partecipazione FIAT nel ruolo di partner 50-50 del progetto “low cost car” by TATA viene di nuovo resa nota con chiarezza. E ripresa da varie testate sia indiane che inglesi. In particolare da un ampio articolo su The Independent, che TATA Motors minaccia di perseguire legalmente.
Si verrà poi a scoprire che, oltre che della FIAT, e di una quantità di prestigiose istituzioni internazionali, Ratan TATA fa parte del Consiglio di Amministrazione anche lì.
(Memoria a cura di Daniela Bezzi)
sabato 27 ottobre 2007
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