mercoledì 21 novembre 2007

Il caso del West Bengala alla rassegna Asiatica Film Mediale

Ieri a Delhi affollata conferenza stampa al Press Club di Rasina Road. Tra i relatori e testimoni dei fatti che hanno infiammato le campagne del Bengala occidentale nei giorni e settimane scorsi, di nuovo Medha Patkar che ha parlato di "uno stato che ha dichiarato guerra alla sua gente". E a seguito dell'aperta condanna da parte dell'Alta Corte di Kolkata, circa l'operato, le omissioni e le responsabilità che hanno sinistramente caratterizzato il CPI-M e il suo stesso Chief Minister Bhuddadeb Battacharjee nel bagno di sangue che tutta la stampa ha riportato, la questione-Nandigram è stata all'ordine del giorno anche della burrascosa seduta al Parlamento Indiano di oggi.

Sulla stampa italiana permane il più totale silenzio... In compenso sta crescendo la documentazione, anche per immagini, in formato CD, video-amatoriale, non importa...

Da non perdere domani pomeriggio, 22 Novembre, dalle 15,30 in poi, all’interno della rassegna
“Incontri con il Cinema Asiatico” (17-25 Novembre 2007)


IL CASO DEL WEST BENGALA
Al Cinema Nuovo Olimpia, Via in Lucina 16/G – Roma

La più completa documentazione al momento disponibile circa il drammatico scontro sociale in corso da oltre un anno nel Bengala occidentale. Il contesto, le forze in campo, le nostre responsabilità, le incredibili omissioni: tutto quello che avremmo dovuto sapere e che non ci hanno detto – e perchè…

Verranno proiettati
15.30
Whose land is it anyway?
(A chi appartiene questa terra? di Ladly Mukhopadhaya, India, 2006, 40’)

Non cederemo nè ora nè mai
(work in progress, di Danilo Licciardello, Italia, 2007, 30’) alla presenza del regista

17.30
Calcutta my love (di Goutam Ghose, India, 2007, 165’)

Introduce Daniela Bezzi

sabato 17 novembre 2007

In diretta da Kolkata

Clicca questo link per seguire da lontano la grande manifestazione di protesta del 14 novembre. Circa 100 mila le persone in piazza, fra essi moltissimi intellettuali, opinionisti, scrittori, uomini di spettacolo - e naturalmente studenti, cittadini, gente comune. Per protestare contro l'inaudita violenza esercitata dalle squadracce del CPI (M) contro gli abitanti di Nandigram.

Dove purtroppo la situazione sta ora evolvendo nel tipico ping pong delle responsabilità, ad uso di questo o quel schieramento politico, ma senza alcuna reale volontà di affrontare le ragioni che hanno fatto degenerare la situazione, già critica da mesi, fino a questo punto.

http://picasaweb.google.com/nagarikmancha/Mahaamichhil14Nov2007?authkey=HME1-6Sv27A

giovedì 15 novembre 2007

Da Kolkata la voce di Mahasveta Devi

Oggi è il 15 Novembre 2007. Ieri a Kolkata quasi 100 mila persone hanno marciato per le strade per ricordare quanto è successo a Nandigram. Il loro slogan era “Tomar nam, amar nam, Nandigram, Nandigram”. Il tuo nome, il mio nome, Nandigram, Nandigram. Nandigram è un luogo nel distretto orientale di Midnapore, nel Bengala occidentala. Il Ministro del Bengala Buddhadeb Bhattacharjee è passato dalla parte delle grandi multinazionali e ha cominciato a requisire terra agricola in Bengala occidentale in nome dell’industrializzazione. Singur nella regione dell’Hoogly è finito nel paniere dei Tata. Nandigram era destinato a diventare un’immensa raffineria chimica per Salim Groupp. Laskshman Seth, a capo dell’Authority per lo Sviluppo Metropolitano di Haldia, ha notificato il destino di Nandigram nel Dicembre del 2006. Questa notifica – che fino ad ora non è stata ufficialmente ritirata dal Governo del West Bengala – è stata la causa dei massacri di Nandigram in Gennaio e poi in Marzo 2007.
In Nandigram sono stati uccisi uomini, donne e bambini – e le morti non sono finite. Sono state struprate delle donne, e non c’è stata alcuna parola di rammarico da parte del Governo. D’altra parte, i quadri del CPI (M) e i loro killers – reclutati dai distretti vicini, dal Jharkhand e da altre parti – è gente che uccide con impressionante regolarità. Una volta tanto Hindu e Mussulmani si trovano a confrontare e a combattere un nemico comune. Le forze del CPI(M) sono alla fine riuscite ad entrare in Nandigram. Centinaia di case sono state demolite: riso, indumenti, utensili sono stati saccheggiati; canali e altre riserve di acqua sono stati avvelenati. E molte donne sono state stuprate. Lo stupro è una tipica tattica del CPI (M).
Ieri, la gente che marciava per le strade di Kolkata indossava delle bandane nere. Raramente ho visto una processione tanto solenne. La presenza delle generazioni più giovani era particolarmente impressionante. I nostri migliori scrittori, pittori, cantanti, attivisti culturali, gente di teatro, di cinema ed altri media erano con loro. La cosa più impressionante è stata la grande assemblea di gente normale. Essi sono l’essenza di Kolkata. Abbiamo fatto una grande colletta.
Sono stata immensamente orgogliosa di Kolkata.
Oggi, il governo ha organizzato un’altra dimostrazione per rispondere alla nostra di ieri. Il mio piccolo appartamento è pieno di riso, indument e coperte. Dei volontari si sono occupati di trasportarli a Nandigram su dei camion. Il cielo è nero. Le previsioni del tempo dicono che c’è un ciclone nell’aria. Nandigram ha bisogno di teli di plastica, coperte e riso. Nandigram ha bisogno di dottori infaticabili, di gente che sia disposta a dare una mano, soprattutto giovani in grado di mostrarci che è possibile servire la gente. E questo è tutto, per il momento.

(dall’Hindustan Times, 15.11.2007)

mercoledì 14 novembre 2007

A Kolkata è marciata oggi la protesta

14 novembre 2007

Imponente manifestazione oggi per protestare contro il recente bagno di sangue di Nandigram. Stamattina erano migliaia che marciavano per le strade di Kolkata. Il corteo è partito dal nord della città e ha raggiunto dopo ore il centro. In prima fila gli attivisti, intellettuali, artisti, personaggi dello spettacolo che già nei giorni scorsi si erano distinti per la loro netta condanna nei confronti dello stile da far west che ha contrassegnato per tutto quest’anno le politiche neo-liberiste di Buddhadeb Bhattacharjee: prima con la requisizione autoritaria delle terre di Singur (giustificate con il Land Acquisition Act che in epoca coloniale introdusse in India la pratica delle requisizioni con motivazioni di ‘public purpose’ ovvero ‘pubblico interesse; e che invece sono state assegnate alla privatissima Tata Motors per la produzione della famosa “low cost car”); e dal gennaio fino ad ora con l’annunciato insediamento petrolchimico Salim a Nandigram, che avrebbe richiesto ben 22 mila acri di terra, nell’ambito del più ampio piano di sviluppo industriale in tutta l’India noto (e dibattuto) come SEZ, ovvero Zone Economiche Speciali.

Tra i tanti messaggi di solidarietà anche quello di Noam Chomsky che via Email ha fatto sapere ai dimostranti “Sto seguendo la situazione con crescente preoccupazione…” I registi Mrinal Sen, Goutam Ghosh, Rituparna Ghosh, Aparna Sen, i pittori Jogen Chowdhury e Shuvoprasanna, il poeta Joy Goswami, le personalità di teatro Bibash Chakraborty, Saonli Mitra, Kaushik Sen insieme a Medha Patkar e numerosi altri attivisti sociali marciavano alla testa del corteo. Tra le varie iniziativa lanciate, quella molto concreta di organzzare una raccolta di indumenti, utensili, denaro, in favore di coloro che a migliaia sono rimasti senza casa a Nandigram. Capofila dell’iniziativa e punto di raccolta: la casa della scrittrice Mahasveta Devi, sempre prima linea nonostante ormai anziana e non tanto in salute.

Mentre dunque cresce a Kolkata e in tutta l’India la solidarietà per le vittime dell’odiosa guerra per bande per la “riconquista di Nandigram” permessa ed anzi (per sua stessa ammissione) incoraggiata dal vertice del CPI (M) Bhuddadeb, Bhattacharjee, da quelle zone che sono rimaste inacessibili per giorni mentre erano in corso gli abusi, le distruzioni, il saccheggio cominciano ad arrivare le testimonianze dell’orrore. Satengabari, Ranichak, Iyakhali, Bribdabanchak, Jambari, Gokulnagar, uno dopo l’altro i villaggi di Nandigram sono stati “riconquistati” con violenza dalle squadracce del CPI (M). Solo nei prossimi giorni sarà possibile fare un bilancio preciso dei morti e feriti, o riferire circa la dinamica degli scontri o la responsabilità maggiore delle violenze. Quel che è già certo è che molte abitazioni sono state date alle fiamme, molte donne denunciano stupri e abusi, migliaia sono I senza-tetto che affollano gli improvvisati ricoveri, gli ospedali traboccano di corpi martoriati e malamente curati – e la cosa più inquietante di tutte è che lo stato di “inspiegabile” passività mostrata in tutti questi giorni da parte delle varie autorità, ufficiali di servizio, forze di polizia che a vario titolo avrebbero dovuto impedire o almeno mitigare le violenze, è stato “spiegato” con molta chiarezza dallo stesso Buddhadeb Bhattacharjee proprio oggi. Chiarendo che parlava come leader del suo Partito il PCI (M) e non come Ministro del West Bengala, il “Bhudda Rosso” ha reiterato che coloro che ritenevano di poter controllare Nandigram e che negli scorsi mesi ne avevano impedito lo sviluppo industriale, sono stati “giustamente puniti con la stessa moneta”.
L’antica, barbarica morale dell’“Occhio per occhio”: questa la linea dell’innovatore Bhattacharjee. Lo stesso Bhattacharjee con cui il Governo Prodi si è detto felicissimo di firmare ben 12 Protocolli di cosiddetto “partenariato” a conclusione della Missione di Febbraio 2007 – mentre già infuriavano da tempo gli scontri nelle campagne, solo a qualche decina di km fuori Kolkata.

lunedì 12 novembre 2007

Bandh indiano



Chi non ha mai vissuto un Bandh indiano non può immaginare la lunare stranezza di città, strade, incroci di semaforo, villaggi normalmente congestionati – e improvvisamente deserti. Di botteghe, officine, venditori ambulanti normalmente “aperti” e affollati fino a tarda notte e che invece, tutti, nessuno escluso, decidono la serrata. Un Bandh indiano è qualcosa di più che uno sciopero, di categoria o “generale”. E’ un intero territorio che per un certo numero di ore, compattamente, si ferma. Anche quando la maggioranza dei coinvolti non rientra in alcuna categoria di lavoro “contrattualizzato”.

Quanto durerà il Bandh di protesta dichiarato oggi a Kolkata per sottolineare la gravità dei fatti di sangue accaduti nei giorni scorsi, non si sa. Forse solo 24 ore, come chiesto dai Partiti dello schieramento istituzionale (Congresso e CPI-M stranamente uniti nella richiesta). O forse 48 ore, come invece richiesto dal BJP in tandem con il Centro di Unità Socialista. O forse per un periodo “indefinito” – come vorrebbe la leader del Trinamool Congress Mamata Benerjee … Si capirà nelle prossime ore, per il momento la notizia da Kolkata è di “serrata totale”. Dalla Nandigram invece le brutte notizie continuano ad arrivare.

In questo post:
1) ultimo Comunicato/Testimonianza di Medha Patkar: “Nandigram continua ad essere campo di battaglia” (traduzione non letterale precede il testo integrale inglese)
2) ultima dichiarazione del Governatore del West Bengala G.K.Gandhi, ammirevole per robustezza e significativamente intitolata “Non ne possiamo più”

***

1) Da Medha Patkar, Kolkata - 12 Novembre 2007

NANDIGRAM CONTINUA AD ESSERE UN CAMPO DI BATTAGLIA

(traduzione non letterale)

Nandigram campo di battaglia benchè l’unico fronte realmemente armato continui ad essere quello delle squadracce travestite o inviate dal CPI (M) dotate di fucili SLR o AK-47, INSAS che usano ad altezza d’uomo, senza alcun intervento da perte delle forze dell’ordine in difesa delle popolazioni. Il comunicato riporta poi la notizia (provenienti via Sms da testimoni oculari all’interno dei villaggi) che I territori (moujas) che erano stati designati per il famoso progetto petrolchimico SALIM sono ora stati evaquati, completamente disabitati. Migliaia di ‘villagers’ sono stati costretti a scappare e si trovano rifugiati nei campi predisposti dal CPI (M) o usati come scudi umani (!!!) negli attacchi che questi continuamente sostengono con gli oppositori. “Si tratta qui non di detenzione di polizia” sottolinea il comunicato “ma di deportazione di massa”.

Si riepilogano poi i recenti fatti: l’attacco peggiore è stato il 10 Nov quando I quadri armati del CPI (M) hanno attaccato due diverse dimostrazioni di protesta nell’area di Nandigram. Ancora incerto il numero dei feriti trovandosi molti corpi ancora abbandonati nelle risaie, alcuni di essi forse già seppelliti o trafugati – ma potrebbero essere parecchie decine, forse oltre il centinaio. In ogni caso una stima precisa sara’ possibile solo quando sara’ di nuovo possibile visitare la zona, tagliata fuori da tutto ormai da giorni. Di sicuro sono state distrutte e incendiate molte abitazioni e molti sarebbero i casi di violenza corporea e stupro ad opera dei delinquenti che scorazzano nella zona sulle loro motociclette, ormai padroni dell’area “come per una missione di medioevale conquista, in cui ogni episodio di disumano e barbarico assalto contro la popolazione inerme di Nandigram, viene salutato come una vittoria nella ricattura di un regno che si considerava perduto!” Parecchi feriti sono stati ricoverati in ospedale: alcuni in quello di Tamluk, vicino a Nandigram; altri sono stati portati in quello di Kolkata. Ma si lamenta la penuria di medicamenti, dottori e soprattutto l’impossibilità di portare immediate soccorso all’interno dei villaggi. Tutto ciò è particolarmente inaccettabile nei fatti di sangue degli ultimi giorni a Nandigram. Persino il corpo di 1000 poliziotti armati che erano stati inviati ieri per ristabilire l’ordine sarebbe stato respinto dalle squadracce del CPI (M). Il comunicato informa poi circa lo sciopero della fame di due giorni sostenuto da ben 25 persone a Kolkata ed elenca tutte le organizzazioni e gli individui che l’hanno sostenuto. Fra essi anche Radharani Aarhi (una donna che ha subito uno stupro di gruppo qualche tempo fa a Nandigram) e il comitato Matangini Mahila Samiti da Singur. Infine il bilancio della colletta: 60 mila rupie (oltre 1000 Euri). Citati anche tutti gli intellettuali, artisti, uomini di spettacolo che hanno boicottato per protesta il Film Festival di Kolkata – ma denunciato anche il fatto che la polizia li ha attaccati mentre era in corso la manifestazione di protesta e che alcuni di loro sono stati arrestati.
Il Comunicato si conclude riferendo circa il positivo incontro con il Governatore del West Bengala G.K.Gandhi, la cui robusta dichiarazione conclude anche questo post.

(stesso Comunicato in inglese)
Nandigram continues to be a battle zone, though the battle is a one-sided one, where CPI (M) goondas and criminals fight with sophisticated arms like SLR's, AK-47's, INSAS Rifles against the unarmed common people of the region. People are being slaughtered everyday with police and administration backing and all the while that the CPI (M) goons carry out their Clean Nandigram operation, the police remain silent and inactive spectators. Shame on this government and administration that does not even have a word of regret to hide their blatant Genocide or even express an iota of sympathy for so many massacred people.

We have received news from various sources inside the villages that the territories (moujas) that were to be occupied for the chemical hub are now lying empty, deserted of all its inhabitants. Thousands of villagers have been compelled to flee from their houses due to such incessant attacks by CPI (M) criminals. They are now living in camps in the core Nandigram area, while some have been picked up and forcibly compelled to join the CPI (M) camps, where they are being used as human shields, during the daily attacks on the villagers by the CPI (M) criminals. This is not a police arrest but a mass abduction
being carried out by armed CPI (M) cadres.

The worst attack was on the 10th of Nov '07, when CPI (M) led criminals hiding in fields and bunkers fired upon two unarmed rallies of 20 000 and 30 000 people respectively in two areas of Nandigram. Many people are feared to have been killed – the total number is not yet known exactly as many bodies are still supposed to be lying in the paddy fields. It is supposed to be ranging from a 100 to about 150 (and very wrongly reported by national and regional dailies and AIR). We can know the final tally, only if everyone including the media is allowed to enter the region, which until today lies barricaded off from the media and common people. No relief is being provided to these displaced people, neither is anyone being allowed to enter the region, by lathi-weilding and armed CPI (M) cadres and criminals. They have burned down hundreds of houses in every village to ashes, demolished hundreds of villages where the silence of the cemetery reigns today as gun toting CPI (M) cadres on motorbikes make their daily rounds of firing and bombing. They are reported to have perpetrated certain cases of rape and molestation even.

The CPI (M) cadres are now compelling the abducted villagers to accept their control and acquisitions. All these news confirmed by the Bengali media and most dailies seem to be as if the CPI (M) is on a medieval conquering mission and with each chapter of inhuman barbaric assault upon the unarmed common populace of Nandigram, they hail their victory of recapturing lost kingdoms! Many of the injured are in the Nandigram hospital; some in Tamluk hospital; some have been shifted to the Kolkata SSKM hospital. There is e severe dearth of doctors and medicines for treatment of bullet injuries as medical supplies are also not being allowed to reach the hospitals with the approach roads being barricaded by the armed CPI (M) hoodlums. Even the CRPF that reached yesterday was not allowed to enter the region by the armed CPI (M) criminals. It seems likely that they too are to work in alliance with and under the control of the State Government.

While in Kolkata we have organized a very successful Two-day token Fast and Dharna programme in alliance with various fraternal organizations like PASCHIM BANGA KRISHAK & KHET MAZDOOR SANGATHAN, HAWKERS SANGRAM SAMITI, NAPM ACTIVISTS, FORUM OF ARTISTS, CULTURAL ACTIVISTS & INTELLECTUALS, JANATA DAL (SECULAR), SUCI, and many individuals from Nandigram (Radharani Aarhi- a gang rape victim of Nandigram) MATANGINI MAHILA SAMITI from Singur and intelligentsia of Kolkata and Bengal. 25 people fasted for 2 days. Relief materials were collected and almost Rs. 60 000 collected in these two days. Many eminent artistes and famous personalities of Bengal came to our Dharna Manch to express their solidarity with us –Film Directors- Aparna Sen, Rituparno Ghosh; Poet-Litterateur- Tarun Sanyal, Joy Goswami; Actors-.Singers- Anjan Dutta, Bibhas Chakraborty, Artists- Suvaprassanna, Shipra Bhattacharya; RSP MLA- Manojit Bhattacharya, Geeta Sengupta (presently in the Left Front in power) to name a few. Many eminent film personalities withdrew from the ongoing Kolkata International Film Festival in protest against the Nandigram killings. Some refused their awards and posts even. The Forum of Artistes, Cultural Activists & Intellectuals, organized a rally from here but it was intercepted by the police and stopped at two places. Later they held a demonstration by singing songs that again was attacked by the police in spite of the presence of eminent personalities and some were even man-handled by the police. 41 of the artists were imprisoned
under Sec.151 same as the arrests made in Madhya Pradesh during the Narmada Bachao Andolan.

Jointly, with all the fraternal participating organizations, we have met the Governor and submitted a Memorandum of demands for immediate stopping of these barbaric assaults on the people of Nandigram. Similarly we have written to the
Union Home Minister. But our repeated attempts to meet the Chief Minister have all been washed down the drain, as he has not even responded.

Today we are proceeding to Nandigram with all the collected relief materials and have informed and written to the D.G. of Police for protection. Let us see how far we can proceed.

Medha Patkar

***

2) leggi nel link la dichiarazione ontegrale del Governatore del West Bengala G.K.Gandhi ammirevole per robustezza e significativamente intitolata “Non ne possiamo più”

http://us.rediff.com/news/2007/nov/10guest.htm

(traduzione)
10, Novembre – La fervida partecipazione del Diwali è stata umiliata nell’intero stato (del West Bengala) dagli eventi di Nandigram, dove numerosi villaggi versano in condizioni che variano tra la più inimmaginabile disperazione e il panico. Non possiamo negare che un numero inquantificabile di individui armati si siano infiltrati dalle aree esterne del distretto, e che abbiano ora il controllo dei Blocchi I e II di Nandigram. Sono migliaia le persone che sono state costrette ad abbandonare i villaggi di Daudpur, Amgachi, Jambani, Simulkundu, Brindabanchak, Tekhali, Nainan, Kanongochak, Takapare, Sarengabari, Ranichak, Kamalpur e Keyakhali.
Anche ora che sono le 4 del pomeriggio di oggi (9 Nov) continuo a ricevere telefonate da persone che ritengo affidabili e che da Nandigram denunciano il crescente numero di abitazioni date alle fiamme. Moltissimi coloro che hanno trovato rifugio nelle scuole locali di Nandigram, senza cibo e senza alcuna personale protezione.
Nel momento in cui scrivo la descrizione più accurata per la situazione di Nandigram è quella usata dal nostro Ministro degli Interni: che usa il termine “war zone”, “zona di guerra”. Nessun Governo o Società può ammettere che un suo territorio si trasformi in “war zone” senza immediate ed efficaci misure di intervento.
Sono totalmente consapevole del fatto che, qualche tempo fa, le popolazioni di alcuni villaggi ritenuti simpatizzanti del Partito al Governo in questo stato sono stati obbligati ad abbandonare i loro villaggi e a cercare rifugio in località Khejuri (Ndr – si allude qui al dissidio che da mesi ha diviso la popolazione di Nandigram tra quanti erano favorevoli alla dismissione delle terre e quanti si opponevano, dissidio che, come si capisce dal seguente capoverso, la maggioranza dei contadini “contro” ha probabilmente cavalcato con la forza anche dei militanti “naxaliti”…) Sono anche consapevole delle preoccupazioni che riguardano la crescente (e difficilmente quantificabile) presenza di Maoisti nell’area.
Coloro che sono stati costretti a scappare da Khejuri devono poter tornare alle loro case in condizioni di totale fiducia e dignità. E nessuna concessione dovrebbe essere permessa al culto della violenza associata con i maoisti. Ma il modo in cui Nandigram è stata “riespugnata” è totalmente illegale e inaccettabile. Trovo ugualmente inaccettabile che il potere delle armi abbia reso possibile l’ingresso a Nandigram da parte di una fazione, mentre esso è stato impedito con la violenza a personalità sia politiche che non politiche che intendevano portare soccorso ai senza tetto. Il trattamento riservato a personalità del profilo di Medha Patkar e ad altri suoi colleghi l’altra sera, va contro ogni norma di civile e politica condotta.
Un gruppo di Deputati ed un membro del CPI-M sono venuti da me stamattina sollecitando di “usare i miei buoni uffici per il processo di pace in Nandigram”. Pace è ciò di cui abbiamo bisogno a Nandigram. Perchè quella pace possa realizzarsi, ho detto loro, è necessario che vengano prese efficaci misure contro coloro che sono stati responsabili delle azioni criminose il 14 Marzo scorso.

La popolazione allerta e viva del Bengala occidentale ha il diritto di sapere che in seguito allo scambio di opinioni che io ho avuto con leaders politici quali Mamata Banerjee e Partha Chatterjee (Leaders dell’Oppositione), Pradip Bhattacharya, Manas Bhuiyan e altro personalità non politiche, sono stato in comunicazione regolare anche con Buddhadeb Bhattacharjee e ho chiesto al Governo di questo Stato di prendere le seguenti misure immediate:

(i) immediato ritiro di coloro che hanno fatto irruzione a Nandigram
(ii) soccorsi urgenti agli sfollati di Nandigram
(iii) massima assistenza perchè possano fare ritorno alle loro case.

Ho inoltre chiesto all’amministrazione di rimuovere I blocchi recentemente posizionati ai vari punti di accesso alla zona, e in particolare sulle vie d’accesso:

1. Chandpur-Rai Para-Phulni More-Khadinbari-Nadia
2. Nandakumar-Kapaseria-ferry (che collega con Nandigram)
3. Heria-Nandigram
4. Potashpur-Nandigram

In modo di porre termine all’isolamente di Nandigram dal resto dello Stato.

Ho anche chiarito che se queste misure non saranno prese nelle prossime ore, e fino a che non si porrà fine a questa situazione di “cattura e ricattura”, non potrà cominciare alcun dialogo nei termini sollecitati ieri notte dal Segretario del Partito e ciò impedirà al processo di pace di avere seguito. I negoziati di pace devono ricominciare al più presto e nonostante sia (forse) ormai troppo tardi, condivido il pragmatico ottimismo espresso dal nostro più anziano statista, Jyoti Basu.

Lasciatemi perciò concludere dicendo: Ne abbiamo abbastanza. Pace e sicurezza devono essere restaurate al più presto, senza altro indugio, dalla zona degli sfollamenti di Nandigram.

domenica 11 novembre 2007

Week end di sangue a Nandigram …

Domenica, 11 Novembre)

Ci eravamo ripromessi un aggiornamento quotidiano circa quel teatro di guerra che ormai da un anno è diventato il Bengala occidentale – e ci scusiamo per non essere riusciti a mantenere l’impegno nel corso di quest’ultimo week end che è stato particolarmente sanguinoso. La ridda delle notizie, l’accavallarsi dei messaggi, l’impossibilità di verificare i bilanci dei morti e dei feriti, e più ancora dei dispersi - non si capisce se “alla macchia” oppure “rifugiati” (ma da dove? sotto la “protezione” di chi?) oppure, come è stato scritto “rapiti”, o forse presi “in ostaggio” (ma da chi e contro chi…) - è sufficiente a suggerire un quadro di totale inaccettabilità sotto il profilo dei più elementari diritti umani. La sola cosa che sappiamo per certo è che Nandigram è letteralmente tagliata fuori da giorni da qualsiasi possibilità di osservazione e contatto. Non parliamo dei soccorsi: medici, legali, di immediato intervento. Non parliamo di diritto all’informazione… Medha Patkar è stata come sappiamo aggredita verbalmente e fisicamente giovedì mattina proprio perchè tentava di raggiungere l’area di Nandigram, che da giorni era teatro di aspri scontri. Ed è stata costretta a riparare a Kolkata. In merito a questo episodio la FIOM ha inviato all’Ambasciata Indiana indiana un messaggio di protesta che qui sotto diffondiamo (Testo N. X). Anche Angelo Bonelli, Presidente dei Verdi alla Camera dei deputati ha inviato un’Interrogazione Parlamentare al Ministro degli Esteri D’Alema (vedi Testo N. XX).

Medha Patkar è stata in sciopero della fame per l’intero week end la sua forzata impossibilità di uscire dalla città che proprio ieri, 10 ottobre. avrebbe dovuto inaugurare l’annuale Film Festival (evento di grande rilievo per la vita culturale di Kolkata) ha avuto il non indifferente merito di catalizzare la solidarietà di un buon numero di intellettuali, registi, attori, attrici – che per protesta hanno boicottato la manifestazione e si sono uniti a lei nello sforzo di “pubblica contro-informazione” che sulla scorta dei dispacci e degli SMS che arrivavano da Nandigram, è continuato per tutto il week end all’Esplanade. Qualche nome fra i più noti anche al pubblico italiano: i registi Aparna Sen e Rituporno Gosh, la scrittrice Mahasveta Devi… E sulla “scena di Kolkata” riportiamo qualche stralcio dal rapporto inviatoci da Paolo Manzone, che proprio sabato mattina si era recato in visita a Mahasveta Devi.

Ed ora che, mentre chiudo queste note, è il tardo pomeriggio di domenica e per l’India è ormai notte, possiamo provare a pubblicare almeno l’essenziale in sequenza. Senz’altro commento che quello amarissimo rilasciato dalla voce tonante di Medha Patkar mentre all’Esplanade di Kolkata diramava tra un dispaccio e l’altro la denuncia di Amnesty International: “È stato il Diwali più buio e nero nella recente storia dell’India”.

Intensifichiamo quindi i messaggi di protesta ai vari indirizzi che abbiamo gia' segnalato qualche giorno fa (Giovedi’ 8 Novembre). Continuiamo a raccogliere firme agli appelli che vorremo spontaneamente attivare e diffondere (ci preoccuperemo dopo di capire come mettere insieme le liste e farle arrivare a destinazione). Perchè questo è per l’India un momento molto grave. Reso oltretutto più “invisibile” (del solito) dal fatto che da quell’area lì i nostri media, già solitamente molto distratti, riescono a vedere (se ci riescono) solo l’emergenza-Pakistan.

Per saperne di più:
digita la voce Nandigram su Google News, nella versione inglese (NON quella italiana).



Menù Documenti qui allegati:

1) Update/Appeal del NAPM (National Alliance of People Movement, 10 Nov.)
2) Dichiarazione del Governatore del Bengala Occidentale Gopalkrishna Gandhi (9 Nov.)
3) Testimonianza di Paolo e Elisabetta (10 e 11 Nov.)
4) Messaggio di Protesta FIOM indirizzata all’Ambasciata Indiana in Italia (8 Nov.)
5) Comunicato Stampa (by A Sud) RE Interrogazione di Angelo Bonelli (Presidente dei Deputati Verdi) al Ministro degli Esteri Massimo D’Alema (9 Nov.)


1) Update/Appeal del NAPM (National Alliance of People Movement).
Lo riportiamo nella versione originale (welcome all’iniziativa di chi volesse tradurlo integralmente) limitandoci a riassumerne le allarmanti notizie all’inizio.

Brutal Massacre of People of Nandigram by CPM Hooligans
La popolazione brutalmente massacrata a Nandigram

Hundreds Feared Killed and Thousands Injured
Si teme per la vita di centinaia di persone mentre i feriti potrebbero essere migliaia

Riassunto del testo che segue:

Due le dimostrazioni indette sabato dal BUPC (ovvero Bhoomi Uchched Protirodh Committee, il Comitato che dall’inizio coordina la protesta dei contadini contro l’attacco alle loro terre), la prima in località Sonachura (15 mila partecipanti) e la seconda da Nandigram (10 mila partecipanti) entrambe notificate alla Polizia e all’Amministrazione locale, nonchè al Presidente, al Primo Ministro e a Sonia Gandhi.

Verso le 3 del pomeriggio di sabato, mentre a Kolkata era in corso lo sciopero della Fame (di Medha Patkar e Anuradha Talwar, NAPM) è arrivata la notizia degli spari ad uno dei cortei di dimostranti. Spari che NON erano della polizia ma provenienti dalla boscaglia dove si nascondevano le squadracce del CPM. Bilancio dei morti: 45 (il comunicato assicura) confermati, benchè le cifre differiscano a seconda delle fonti e potrebbero essere centinaia (come in effetti afferma oggi anche Mamata Banerjee in una delle notizie-stampa – Ndr) e comunque impossibili da quantificare con esattezza (!) poichè molti dei corpi lasciati sul terreno sono stati poi rimossi dagli stessi “tiratori”. Circa 3 o 5 mila le persone in fuga, molti dei quali mancavano all’appello dei vari capi-villaggio anche domenica. Vicino alla Scuola Amtala (Sherkhan Chowk) 300 persone sono state ammassate e brutalmente picchiate, una ragazza di 18 anni è stata violentata da uomini diversi di fronte a sua madre – e ciò mentre veniva trasportata all’ospedale.
Testimoni oculari del BUPC hanno contato 12 morti vicino alla sede CPM di Kalagechhia, altri due presso Tamluk. A Dandpur,Yinagar centinaia di case sono state saccheggiate e date alle fiamme, ma la polizia di Nandigram non è intervenuta.

Segue elenco delle orgs e dei VIP che hanno partecipato alla dharna di Kolkata. Viene infine segnalata (ma solo nel tardo pomeriggio) l’invio di 1000 forze dell’ordine, ma troppo tardi.
Il comunicato si conclude con l’apprezzamento verso le dichiarazioni del Governatore (Gopalkrishna Gandhi), l’auspicio che egli possa presto visitare le aree colpite e l’invito a mandargli Email o messaggi fax agli indirizzi elencati.

(testo integrale)
The non-violence was challenged by violence when CPM supporters unleashed an
unprecedented human massacre to repress the voices of people who are asserting
their rights over their lands and villages.

The Bhoomi Uchched Protirodh Committee (BUPC) today carried out two peace
rallies simultaneously, one from Sonachura and the other from Nandigram. About
15,000 people participated in the rally from Sonachura. Nearly 10,000 were in
the rally from Nandigram. They had informed the local Police Station,
Administration, President, Prime Minister and Sonia Gandhi about it, but of no
avail.

While the fast in Kolkata was going on, the news reached around 3 p.m. that the
peaceful, unarmed procession had been fired upon. The firing was NOT by police
forces. The number of people hurt or dead is extremely varied in the different
reports we are receiving. 45 deaths have been confirmed so far but the final
tally may be in hundreds as dead bodies are being removed by the murderers
themselves. It is impossible to find out how many are killed.

As the two processions were converging near Tekhali, CPM cadres who were hiding
in the paddy fields suddenly attacked, firing indiscriminately at the
procession. About 3000-5000 persons are missing, as people got scattered and
ran through the fields, the attackers firing at them. Sheikh Rizaul and Shymali
Manna, who are reported dead, were in the procession from Nandigram.

Rickshaw vans carrying the dead bodies were seen on the road. CPM cadres used
some press persons’ cars to take dead bodies out. Local CPM leaders were
controlling and operating the attack.

Near Amtala School at Sherkhan Chowk, 300 persons have been abducted and
brutally beaten up. 12 dead bodies have been seen by BUPC activists near
Kalagechhia CPM party office. 2 people reported dead in Tamluk.

An 18 year old girl was raped by several men in front of her mother. This was
while she was being taken to hospital!

Hundreds of houses were looted and burnt in Dandpur, Yinagar and people driven
out. The rampage continues.

While all this happened, the Nandigram police stayed inside their station. No
police was seen in the vicinity.

In Kolkata, there was huge response from all corners. Several organizations,
intellectuals, activists and Sunando Sanyal were on dharna from 1 - 8 p.m. on
November 9th, where they declared a 48 hour fast on 10th and 11th November, in
support of the people of Nandigram.

Today, on 10th November, several organizations are participating in the 48 hour
fast. These are National Trade Union Initiative, Khet Mazdoor Samiti, Hawkers
Sangram Samiti, NAPM, APDR, Sanhati Udyog, Gandhi Peace Foundation, AISA, CPI
(ML-Liberation), SUCI, Janata Dal (S) and Bandi Mukti Committee. CPI
(ML-Liberation), SUCI and Janata Dal (S) came with their banners but folded
them after entering the fast site. Manoj Bhattacharjee, an RSP official also
spoke condemning the violent attack by CPM supporters.

The fast started at 11 a.m. It was supported by prominent individuals who
visited and addressed the gathering. These included Debabrata Bandopadhyay,
Mahashweta Devi, Aparna Sen and Rituporno Ghosh. Women representatives from
Singur and Nandigram participated, expressing their indomitable spirit. A rally
was also taken out.

CPM supporters have gathered tonight at Sonachura, planning further attacks. It
was possible for UPA government to persuade the CPM to withdraw the violent
attack. About 1000 CRPF is now allotted to the area. But it is too late.
Irrecoverable loss has already occurred. The dead and wounded are silenced.
Hundreds of houses have been destroyed, burnt and looted. Rehabilitation or
compensation is at some distance. Relief must reach fast as people under attack
are in terrible misery.

West Bengal Governor’s true, Satyagrahi statement (given below) is welcome
but he needs to urgently visit the affected villages. There is only a political
solution and the ruling party must act fast so that Nandigram may return to
peace and people come back to their lands.

WE EARNESTLY REQUEST YOU ALL TO APPEAL TO THE WEST BENGAL GOVERNOR TO VISIT THE AREA. PLEASE SEND EMAILS TO governor@wb.nic.in OR FAX HIM AT 0091 33-22002444/22001649. PLEASE WRITE TO THE PRESIDENT ALSO, ASKING THE CENTRE TO INTERVENE IMMEDIATELY.

Anuradha Talwar, Saktiman Ghosh, Sukhendu Bhattacharya,
Sujato Bhadra, Medha Patkar


2) Dichiarazione del Governatore del Bengala Occidentale Gopalkrishna Gandhi
(Diffusa il 9 Novembre e perciò riferita ai morti del giorno precedente.
Traduzione integrale alla fine del testo inglese)

STATEMENT BY WEST BENGAL GOVERNOR
Raj Bhavan, Kolkata

Press Statement
9th November 2007
The news of deaths by police firing in Nandigram this morning has filled me
with a sense of cold horror. We will soon know more details of the sequence of
events that led to this tragedy. But the point uppermost in my mind is not "Who
started it", "Who provoked it" or whatever there were agent-provocateurs behind
it. Investigations will reveal that. The thought in my mind and of all
sensitive people now is -- "Was this spilling of human blood not avoidable?
What is the public purpose served by the use of force that we have witnessed
today?"

Force against anti-national elements, terrorists, extremists, insurgents is one
thing. The receiving end of the force used today does not belong to that order.


What I advised Government over the last two days, as I received inputs of
rising tension in Nandigram, Government knows. It is not my intention to enter
into blame-fixing. But I can not be so casual to the Oath I have taken as to
restrict my reaction to a pious expression of anguish and outrage. I trust the
Government will not only go into the whys and wherefores of this tragic
occurrence but will also ensure that it leaves no room for a repetition of the
kind of trauma witnessed today.

I leave it to the conscience of officials responsible to atone for the event in
the manner they deem fit. But I also expect the government to do what it thinks
is necessary to mitigate the effects of this bitter March 14, and to do it
visibly and fast.

Gopalkrishna Gandhi

(traduzione italiana integrale)
La notizia dei morti che sono stati uccisi dalla polizia a Nandigram questa mattina mi ha riempito di un senso di freddo orrore. Riceveremo presto ulteriori dettagli circa la sequenza degli eventi che ha portato a questa tragedia. Ma la domana principale nella mia mente non è “Chi ha cominciato” o “Chi ha provocato” o chi siano stati gli agenti provocatori. Le indagini ce lo diranno. La domanda che maggiormente occupa la mia mente come quella di tutti coloro che sono dotati di buon senso è “Non si poteva evitare un simile spargimento di sangue? Qual’è il public purpose (amara allusione alle tante requisizioni effettuate con la ‘forza’ del Land Acquisition Act in nome del ‘Public Purpose’ di coloniale memoria – Ndr) nell’uso della forza cui abbiamo assistito oggi”?

Una cosa è la forza contro i nemici della nazione, contro i terroristi, estremisti, ‘insorgenti’. Coloro che hanno subito questa forza oggi non rientrano in queste categorie.

Quali erano le mie direttive durante I due giorni scorsi, subito dopo aver ricevuto notizia delle nuove tensioni a Nandigram, è cosa nota e non è mia intenzione fare polemica. Ma neppure mi limiterò ad esprimere le mie reazioni entro formali dichiarazioni di preoccupata indignazione. Mi auguro che il Governo non solo non si limiterà a fare piena luce circa questi tragici fatti, ma garantirà anche che il trauma cui abbiamo assistito oggi non debba ripetersi in futuro.

Lascio alla coscienza degli ufficiali responsabili affrontare la situazione nel modo che riterranno più opportune. Ma mi aspetto anche che il Governo faccia tutto il possibile e il necessario per mitigare gli effetti di questo (replay del) 14 Marzo, e che lo faccia nel modo più immediate e visibile.

Gopalakrishna Gandhi



3) Email/Testimonianze (prima a caldo e poi con più preciso rapporto) di Paolo (Manzone) e di Elisabetta, che si trovavano a Kolkata per un appuntamento preso in precedenza con la scrittrice Mahasveta Devi e che poi hanno seguito tutto il resto della giornata.

A caldo: “Oggi io, Paolo, Giulia, Francersco e Elisa siamo stati da Mahasweta Devi, avevamo delle domande in mente ma non abbiamo potuto farle perchè c`era qualcosa di molto piu` urgente” di cui occuparsi.
Nandigram. La situazione è arrivata al limite, ormai è una "zona di guerra".
A Nandigram tutto è iniziato il 2 gennaio quando il BDO (Block Development Office) ha annunciato la decisione di istituire una SEZ di 20.000 ettari.
La polazione il 3 gennaio si è recata all`ufficio del Garchakrebia Panchayat per protestare , ma è stata respinta dalla polizia. Nelle violenze che seguirono furono uccise 11 persone.
Il 12 marzo Prasad Ranjan Roy annunciò la presa di provvedimenti contro la popolazione di Nandigram. L`accesso al villaggio venne bloccato dagli attivisti del Bhumi Uchhed Protirodh Commitee, ma il 14 la polizia riuscì a penetrare provocando, secondo il Governo 14 morti e 62 feriti, in realtà la popolazione locale afferma che almeno 100-150 persone furono uccise, 200 ferite e alcune persone risultano "disperse".

Rapporto di fine giornata: Alla manifestazione all’Esplanada Medha era chiaramente l’unica che cercava di coordinare la protesta di decine di gruppi, che via via arrivavano o solo passavano. Totale partecipanti: direi meno di 10000 considerando un continuo movimento. L’organizzazione della manifestazione mutava continuamente seguendo i dati sempre peggiori che arrivavano. Era chiaro che non era manifestazione di partito ma moltissime persone aderiva. Molti erano militanti dello stesso CPI(M) responsabile della strage.

Dati che riterremmo sicuri:
− assedio continuo alle persone che stanno resistendo a Nandigram.
− Crescendo di violenza da 4 giorni causata dalle squadracce del CPI(M)
− la polizia e il governo non è intervenuta per fermare l’aggressione.
− sono stati rapiti, torturati, violentati, uccisi magliaia di presone
− alla sera i morti ufficiali erano 50
− moltissime persone disperse
− Il CPI(M) giustifica la strage adducendo la necessità di impedire infiltrazioni dei gruppi maoisti fra i manifestanti.
− La zona è circondata non possono essere prelevati morti e curati i feriti.
− Nandigram è completamente inaccessibile a chiunque, le notizie vengono aggiornate solo via sms

Su questo concordavano tutti i manifestanti sebbene alla sera le cifre ufficiali parlavano solo di tre morti. Alcune voci in città nella notte confermavano i 50 morti e le decine di dispersi

Obbiettivi della manifestazione, che cambiavano via via con l’arrivare delle notizie:
- chiedere al governatore del West Bengala di visitare Nandigram o comunque di prendere le distanze da quello che stava succedendo [cfr dichiarazione in merito su http://www.indianexpress.com/sunday/story/237904.html]
- sollecitare l’intervento della polizia per punire i responsabili delle stragi [non è chiaro il ruolo e I poter del governatore rispetto a quelli del Chief Minister]
- invio di lettere e sms al governatore per esprimere la solidarietà con la popolazione di Nandigram.
- Raccolta viveri per Nandigram


-
4) Messaggio di Protesta FIOM indirizzata all’Ambasciata Indiana in Italia (8 Nov.)



Federazione Impiegati Operai Metallurgici nazionale

UFFICIO INTERNAZIONALE

corso Trieste, 36 - 00198 Roma - tel. +39 06 852621 - fax +39 06 85303079
www.fiom.cgil.it - e-mail: fiom.internazionale@fiom.cgil.it



All'attenzione dell'Ambasciatore Indiano in Italia
RAJIV DOGRA
C/c Signora SHAMMA JAIN (Vice Ambasciatore della Missione)
Via XX Settembre 5 - 00187

Fax 06 4819539




Esprimiamo preoccupazione e sconcerto per la situazione di brutalità
che da mesi infiamma le campagne del Bengala Occidentale.
La notiza dell'odierno attacco alla nota attivista sociale Medha
Patkar, che abbiamo avuto occasione di incontrare durante la
sua recente visita in Italia, ci lascia costernati, e auspichiamo un
immediato ritorno alla normalità nel rispetto dei più elementari
diritti umani e della dignità delle persone.
Augurandoci che il nostro auspicio possa trovare ascolto e riscontro presso il Governo Indiano, da Lei rappresentato nel nostro Paese,
inviamo distinti saluti


Alessandra Mecozzi

Responsabile Ufficio Internazionale Fiom-Cgil

Roma, 8 novembre 2007




5) Comunicato Stampa (by A Sud) RE Interrogazione di Angelo Bonelli (Presidente dei Deputati Verdi) al Ministro degli Esteri Massimo D’Alema (9 Nov.)


COMUNICATO STAMPA

AMBIENTE. INTERROGAZIONE DEL VERDE BONELLI PER AGGRESSIONE ATTIVISTA INDIANA
MEDHA PATKAR

"Si batte a fianco delle comunità locali contro le multinazionali: D'Alema
chieda tutele alle autorità indiane"



Roma, 9 nov. - Il presidente dei Deputati Verdi, Angelo Bonelli, esprime
solidarietà all'attivista indiana Medha Patkar, invitata recentemente in
Italia dalla Ong A Sud per l' inaugurazione del Centro di Documentazione
sui Conflitti Ambientali dei Sud del mondo, aggredita ieri mentre cercava
di raggiungere la zona di Nandigram, nel West Bengala, dove da mesi è in
corso un drammatico conflitto che vede protagoniste le comunità locali.

Bonelli ha presentato una interrogazione al ministro D'Alema per chiedere di
vigilare sulla agibilità degli ecopacifisti in una zona particolarmente
soggetta a gravi tensioni: "all'origine delle proteste - spiega Bonelli - ci
sono i 20.000 acri di terra che erano stati destinati dall'amministrazione
del Bengala Occidentale al colosso petrolchimico indonesiano Salim. Le
proteste e le resistenze delle comunità locali nell'area di Nandigram sono
aumentate dopo gli scontri scoppiati intorno alle aree agricole di Singur,
dove 1000 acri di terra sono stati requisiti per fare spazio agli impianti
Tata Motors per la produzione della "low cost car", nell'ambito
dell'articolata Joint Venture con l'italiana Fiat.

In queste ore molti attivisti stanno bloccando l'autostrada che porta a
Nandigram e gli scontri non accennano a diminuire. Medha Patkar -
aggiunge - è stata aggredita dagli attivisti del Partito Comunista
Marxista, al governo del West Bengala - in una località chiamata
Kapaseberia, lungo la strada per Nandigram. Spero che il ministro degli
Esteri raccolga la mia sollecitazione ad intervenire presso le autorità
indiane per chiedere garanzie e tutele per gli attivisti come Medha Patkar,
da sempre a fianco della resistenza delle comunità locali che chiedono il
rispetto dei propri diritti".

giovedì 8 novembre 2007

Medha Patkar Aggredita Fisicamente

<<Medha Patkar


Quanto segue è il Messaggio di Action Alert che Medha Patkar ci ha fatto pervenire con preghiera di trasmetterlo urgentemente via Fax oppure via Email ai seguenti:



1) Uffici del Governo Centrale a New Delhi
(Ufficio del Primo Ministro Fax N. 0091 11 2301 9545

2) Ufficio del Ministro Bhuddadeb Bhattacharjee, Governo del Bengala Occidentale
(Fax N. 0091 33 2214 5480 / 2214 1341 oppure Email cm@wb.gov.in)

3) Ministro degli Interni con delega al Bengala Occidentale
(Fax 0091 33 2214 4052)

4) Autorità indiane in Italia
Fax 0039 06 481 9539 o via Email dcm.office@indianembassy.it

Infine e non meno urgente, per chi voglia far pervenire messaggi di solidarietà a Medha, Anuradha, a quanti erano con loro oggi e a tutti coloro che in questo momento stanno congregandosi a Kolkata per una fiaccolata di protesta non violenta in favore delle popolazioni di Nandigram la mail cui inviare è duttdebjit@gmail.com

MEDHA PATKAR E ALTRI ATTIVISTI INDIANI ATTACCATI IN BENGALA OCCIDENTALE

Come rappresentanti dei Movimenti sociali dell’Italia condanniamo l’ennesimo brutale attacco contro Medha Patkar, Sunanda Sanyal, Anuradha Talwar e altri attivisti sociali indiani mentre stavano cercando di raggiungere la zona di Nandigram, di nuovo trasformato in campo di battaglia da giorni. Condanniamo l’atteggiamento di indifferenza delle forze dell’ordine che da giorni assistono al crescendo di violenza, aggressioni, persino colpi di arma da fuoco nell’area senza intervenire e che nell’odierno episodio non hanno mosso un dito in difesa di Medha Patkar e Anuradha Talwar mentre una squadraccia del CPI-M fermava il loro veicolo, impediva loro di passare e di fronte alla riluttanza dell’autista attaccava fisicamente le due attiviste nel tentativo (secondo vari testimoni oculari) di trascinarle fuori dalla vettura.

Rileviamo inoltre la contraddizione di un Partito che si definisce Comunista e per di più marxista, che da una parte (in altre regioni dell’India) si esprime in difesa dei contadini e degli strati più emarginati della popolazione indiana – mentre in Bengala occidentale arma da mesi squadracce di delinquenti permettendo loro di compiere le peggiori violenze anche nei confronti di vecchi, donne e bambini.

Domandiamo con urgenza:
  • che cessino gli attacchi a tutti coloro che protestano pacificamente, in particolare alla popolazione dell’area di Nandigram che da mesi cerca semplicemente difendere la propria terra in quanto fonte di sussistenza;
  • che siano avviate indagini sugli incidenti e le uccisioni che si sono verificate di nuovo anche di recente e che opportune misure vengano prese contro i responsabili;
  • che il Presidente, il Primo Ministro e il Ministro degli Interni dell’India intervengano presso il Governo del Bengala occidentale perchè abbia termine questa persecuzione che da mesi pone sotto assedio i villaggi di Nandigram;
  • che il Ministro del Bengala occidentale impedisca agli estremisti del CPM di interferire con la normale quotidianità di Nandigram;
  • che vengano invece organizzati con la massima immediatezza cure e interventi medici quanto mai urgenti;
  • che vanga inviata una delegazione interparlamentare di inchiesta, con l’obiettivo di accellerare un processo di conciliazione nell’area.

CHIEDIAMO CHE QUANTO SOPRA VENGA ATTUATO CON LA MASSIMA URGENZA PER IMPEDIRE CHE LA SITUAZIONE DI NANDIGRAM SFUGGA NUOVAMENTE DI CONTROLLO.

La Notte Prima Dell'Attacco

Il DRAMMATICO MESSAGGIO DI MEDHA PATKAR

E’ RIESPLOSA LA GUERRA A NANDIGRAM
SVEGLIATEVI E AGITE,
FATE QUALCOSA PER SALVARE LA VITA E LA TERRA DELLA NOSTRA GENTE


(Questo il drammatico messaggio che, nella notte tra il 5 e il 6 novembre, ovvero poco prima che esplodesse la battaglia, l’attivista Medha Patkar aveva inviato dalla zona di Nandigram, presentendo il degenerare della situazione – come hanno poi confermato I fatti di sangue del giorno dopo e gli ultimi sviluppi. Che non lasciano presagire niente di buono…)

“Gli ultimi rapporti da Nandigram al momento attuale (mentre scrivo è mezzanotte) sono motivo di fortissima preoccupazione circa una situazione di vera e propria guerra che minaccia di esplodere da un momento all’altro. Sono infatti migliaia i quadri CPM che hanno circondato Nandigram da almeno tre versanti. Dai loro megafoni hanno fatto sapere che intendono riconquistare la zona stanotte (5-6 Novembre). La presenza e il sostegno a questo attacco da parte di numerosi Ufficiali di Polizia di grado superiore, qualifica la posizione “politica” del Governo del Bengala Occidentale oltre che del CPM, che fondano la certezza della “riconquista” sul semplice fatto di essere meglio armati!

La situazione rischia di diventare ingestibile. Molte vite sono già state sacrificate, nuovo sangue rischia di essere versato in un tale scenario di violenza. La popolazione di Nandigram rivendica il diritto di autodifesa e sopravvivenza ed è decisa a resistere con qualunque mezzo disponibile. Abbiamo ragione di temere che tutto questo degeneri in un massacro senza precedenti, poichè non vediamo alcuna volontà da parte del Governo del Bengala Occidentale di fermare questa violenza.

Pertanto sollecitiamo urgentemente un intervento da parte del Governo centrale che ponga fine a questa guerra contro la gente, a questa violenza tra opposte fazioni. Sollecitiamo inoltre qualsiasi possibile misura in grado di interrompere lo stato d’assedio dichiarato dall’Amministrazione del Bengala occidentale nelle aree circostanti Nandigram, dove uomini, donne e bambini che stanno disperatamente resistendo al massacro di un intero territorio e affermando il loro diritto alla terra e alla sussistenza, vivono in condizioni di vero e proprio strangolamento.

Facciamo appello a tutti coloro che condividono le nostre ragioni e alla società civile perchè vengano prese al più presto iniziative appropriate alla situazione di emergenza.

In particolare raccomandi
  • di scrivere al Presidente Indiano, al Primo Ministro Indiano, al Ministro degli Interni del Governo Indiano sollecitando immediato intervento;
  • di scrivere al Ministro del Bengala occidentale perchè revochi immediatamente l’assedio di Nandigram e imponga ai suoi quadri un comportamento conforme alle leggi;
  • di inviare nell’area elementi e organizzazioni di supporto alla popolazione, con l’obiettivo anche di facilitare un processo di conciliazione;
  • di attivare azioni e dichiarazioni di pressione nei confronti delle amministrazioni interessate, in modo da sollecitare il loro intervento;
  • di chiamare o faxare gli uffici della NHRC (la Commissione Nazionale indiana preposta ai Diritti Umani) denunciando la gravità della situazione;
  • di organizzare proteste ovunque sia possibile
o qualsiasi altra azione vi sembri opportune.


Sollecitiamo il vostro intervento in questo traumatico momento.


Medha Patkar Anand Mazgaonkar

A Nandigram Riesplode La Violenza

Bengala Occidentale: a Nandigram come nel Far West

Due morti e un numero imprecisato di feriti nella zone di Nandigram che già nel marzo scorso era stata teatro di un vero e proprio massacro. L’intera zona si è trasformata di nuovo ieri in un campo di battaglia, con scontri a fuoco che dalle prime luci dell’alba fino a quasi mezzogiorno non hanno risparmiato persone e cose. Una vera e propria guerra per bande, tra i “quadri” inviati a migliaia dal Partito di Governo del Bengala occidentale (il Partito Comunista Indiano-Marxista, o CPI-M) e le “squadre” del Trinamool Congress.

Motivo della battaglia: gli oltre 20 mila acri di terra, che oltre un anno fa erano stati destinati dall’Amministrazione del Bengala occidentale (alias Bhuddadeb Bhattacharjee) al colosso petrolchimico indonesiano Salim. Ma contro il consenso della popolazione contadina. La resistenza nell’area di Nandigram si era fatta l’anno scorso particolarmente compatta dopo la stagione di turbolenze scoppiate intorno alle aree agricole di Singur, dove 1000 acri di terreno erano stati autoritariamente requisiti (2.12.2006) per fare spazio agli impianti Tata Motors per la produzione della “low cost car”, nell’ambito dell’articolata Joint Venture con la nostra Fiat. L’inflessibilità del Governatore del Bengala Occidentale, a fronte di indennità decisamente inferiori ai prezzi di mercato della terra (oltretutto in vivacissima e continua crescita in tutta l’India) non era riuscita a vincere la riluttanza del 50% dei proprietari – alimentando una protesta che con diversa intensità e con dinamiche diverse, non si è mai placata.

Anche in questo ultimo episodio a Nandigram, le responsabilità dell’Amministrazione locale, nel ruolo di “supporter” e sembrerebbe di capire “fomentatore” dei disordini invece che di “garante della sicurezza”, appaiono gravi. La tensione era stata denunciata da settimane, e aveva già registrato una punta di particolare drammaticità con il tentato attentato (fine ottobre) della leader del Trinamool Congress Party, Mamta Banerjee, che da mesi sta cavalcando la protesta contadina. Stupisce la decisione di inviare migliaia di quadri con la missione di “espugnare”, con qualsiasi mezzo, un’area come Nandigram che già a Marzo era stata teatro di un massacro, che per tutti i mesi successive si era trovata arroccata in una situazione di semi-assedio e che dall’inizio del contenzioso un anno fa ha registrato 30 morti, un numero imprecisato di feriti, una quantità infinita di stupri, brutalità e violenza di ogni tipo, nonchè 25 000 rifugiati. E tanto più stupisce il progetto di “riconquistare” militarmente quell’area dopo che quel particolare progetto di SEZ (Special Economic Zone) era stato oltretutto cancellato. Ma come commentava ieri il canale indiano NDTV quella di ieri è stata una battaglia che dietro l’obiettivo del controllo “politico” denunciava l’irrecuperabilità di una situazione che vede ormai contrapposte le milizie naxalite, contro quelle del CPI-M.

mercoledì 31 ottobre 2007

DI NUOVO CLIMA DA FAR WEST IN BENGALA OCCIDENTALE

Mamta Banerjee



L’intera regione di nuovo

in stato di Bandh (blocco
stradale)



Dopo il fallito attentato del 28 Ottobre ai danni di Mamta Banerjee (la leader del Trinamool Congress Party che da oltre un anno sta cavalcando la protesta contro le
requisizioni territoriali in West Bengal) l’intera regione si è trovata di nuovo ieri in stato di Bandh (blocco dei trasporti), in risposta ai disordini riesplosi negli ultimi giorni a Nandigram, Il bilancio degli ultimi scontri segnala un ennesimo decesso (Gangaram Das, 27enne, morto in ospedale dopo essere stato colpito da una pallottola) e sette feriti, tutti membri del BUPC (il Comitato formatosi a Nandigram in difesa delle terre), anch’essi colpiti da colpi di arma da fuoco durante gli scontri tra quadri del CPI-M e le squadre di “autodifesa” locali, senza alcun tentativo di intervento da parte delle forze dell’ordine “regolari”. Come in passati analoghi episodi Mamta Banerjee ha reiterato anche nell’odierna Conferenza Stampa le responsabilità dell’Amministrazione del West Bengala per il fatto di aver “deliberatamente” privato una zona così calda da mesi di forze di “sicurezza” degne di questo nome, di fatto incoraggiando l’escalation di violenza e sempre più autorizzando il libero regolamento di conti fra opposte fazioni.

La tensione si è di nuovo accesa a Nandigram dopo che negli scorsi giorni era ripresa più forte che mai la protesta a Singur, in seguito al giudizio espresso dalla Corte Suprema di Delhi in merito all’illegittimità di ricorrere alla motivazione del “pubblico interesse” per requisire terreni da destinare ad uso privato; e in ogni caso all’illegittimità di requisire “good agricultural land” (terre agricole e fertili), come fu nel caso di Singur.

Un interessante bilancio circa il “far west” che si è venuto a creare in West Bengala è disponibile sul sito CounterCurrents.org con il titolo “Special Economic Zones: Profits at Any Cost” (22.10.1007), in cui l’autore C.R.Bijoy ripercorre l’evoluzione delle SEZ dall’introduzione della cosiddetta New Econimic Policy” nei primi anni ’90 in India, contestualmente agli imperativi di crescita nel resto dell’Asia.

IMPORTANTE VERDETTO DELLA CORTE SUPREMA DELL’INDIA

Dichiarate illegittime le requisizioni di “terre agricole e fertili”

Si è riaccesa la protesta dei contadini a Singur, in seguito al giudizio espresso dalla Corte Suprema di Delhi (in data 22.10.2007) in merito all’illegittimità di ricorrere alla motivazione del “pubblico interesse” per requisire terreni da destinare ad uso privato; e in ogni caso all’illegittimità di requisire “good agricultural land” (terre agricole e fertili). Un deciso colpo per l’amministrazione “comunista” di Buddhadev Bhattacharya e più ancora per la privata Tata Motors che con tanta arroganza aveva escluso qualsiasi opzione alternativa rispetto a quelle (e così contestate) requisizioni.
E un segnale di forte incoraggiamento per il KJRC (Comitato di difesa delle terre agricole) il cui portavocd Becharam Manna ha già annunciato manifestazioni di pubblica richiesta al Governo del Bengala occidentale, per la restituzione delle aree in contenzioso.

Secondo la definizione della Corte Suprema dell’India può definirsi “good agricultutal Land” qualsiasi area che “di medio livello di produzione, rispetto all’area agricola in cui è situata”. E come sappiamo i terreni requisiti di Singur producevano fino all’anno scorso dai 3 ai 5 raccolti all’anno – ovvero erano eccezionalmente fertile, anche rispetto all’eccellente media del verdeggiante Bengala,

Il verdetto della Corte Suprema dell’India è stato pronunciato per un contenzioso che riguardava vaste aree agricole e fertili minacciate dal progetto di uno stabilimento di trattori, nella regione del Punjab. Ma secondo l’Avvocato Arunava Ghosh, che sta assistendo i contadini di Singur, tale verdetto non potrà non avere qualche influenza presso l’Alta Corte di Kolkata, nella causa riguardante le terre agricole di Singur.

lunedì 29 ottobre 2007

TATA STORY 1

100 Anni di edulcorata leggenda…

“Produciamo anche macchine… ” In India quella campagna pubblicitaria se la ricordano ancora.
Erano gli inizi del 3 millennio e dopo il successo del modello Indica la Tata Motors, ormai posizionata tra le prime industrie dell’auto in India, riteneva importante ricordare all’affezionata clientela che TATA era una conglomerata di ben 96 aziende e che il core business restava quello di sempre, quello in cui aveva creduto il capostipite, Jamshetji Tata, 100 anni prima: l’acciaio. La leggenda, per essere esatti, fa risalire la passione per l’acciaio ancora prima, anno di grazia 1867. Quando in visita a Manchester lo stesso Jamshetji ebbe occasione di udire Thomas Carlyle pronunciare la storica massima: “La nazione che si assicurerà il controllo della acciaio, avrà anche il controllo dell’oro”. Intuizione davvero profetica, come dimostra il nesso sempre più stretto tra finanza e acciaio, e in generale finanza e metallurgia.
Ha fatto sensazione, a fine gennaio scorso (tra l’altro in coincindenza con la trionfale pubblicizzazione chez nous dell’ottima performance Fiat) la notizia dell’ennesima prestigiosa acquisizione da parte di una maison indiana, questa volta la conglomerata Tata (e di nuovo, sulla scia della fusione Mittal-Arcelor) nel settore dell’acciaio: Tata steel che in serrata competizione con la brasiliana Corus, riesce ad assicurarsi l’anglo-olandese Corus, posizionandosi in questo modo (da XXima che era) al 5* posto tra I più grandi produttori di acciaio del mondo. Il valore simbolico di una simile piazzamento, per l’opinione pubblica di quell’India che quest’anno si è trovato a celebrare anche il 60imo dell’Indipendenza coloniale, è naturalmente rimbalzato dalla stampa indiana su quella internazionale – nonostante un calo in borsa dell’11% del titolo Tata Steel motivato, secondo gli analisti, dall’eccessiva esposizione finanziaria richiesta per l’acquisizione. A conti fatti quasi 13 miliardi di dollari: in assoluto la più ingente nella storia degli affari indiani.

Il nervosismo è rimasto ad aleggiare nel cielo delle Industrie tata anche dopo che, I primi di aprile, l’acquisizione è stata ratificata. Il prezzo dell’acciaio è nel frattempo salito a ulteriore convalida del costoso affare; ma circa il come finanziare l’ingente debito si sono aperte le danze – e le non poche speculazioni. 4 miliardi di dollari dovrebbero provenire da un’emissione di titoli indiana, al grosso provvederà una cordata di ben 7 banche. Ma che succederà ai 30 mila operai (e salari) europei, che rispetto alle sotto-paghe indiane rappresenteranno molto presto un costo eccessivo, in un simile contesto debitorio? Nel frattempo un’altra societ metallurgica indiana, Kumar Birla, in competizione con Vedanta, si è posizionata al top mondiale per la produzione di fogli di alluminio (da cui si ricavano le lattine per Pepsi, Coke & Co) dopo aver acquisito l’americana Novelis. Mentre un’altra Americana, Minnesota Steel, è finita pochi giorni fa nel paniere di Essar, altra acciaieria indiana. E non contento del primato raggiunto dopo la fusione con Arcelor, il super tycoon Lakshmi Mittal (indiano ma con residenza a Londra e tassazione off shore), sarebbe entrato in negoziati nientemeno che con il gigante coreano Posco. Come si vede un attivismo frenetico caratterizza in questa fase il comparto dell’acciaio – e il fatto che a guidare le danze ci siano tanti marchi indiani, molto spesso in diretta competizione fra di loro, si spiega col fatto che alla declinante richiesta cinese sta per seguire quella legata alla crescita indiana: strade, ponti, real estate, un intero sub-continente da costruire (o ricostruire) quasi completamente ex novo. Oltre all’ambizione dichiarata da parte dell’India di passare dall’attuale 7imo posto (con un output annuale di 44 milioni di tonnellate) alla seconda posizione nella produzione annuale dell’acciaio, entro I prossimi 10 anni.
E con ciò si spiega anche l’interesse da parte dei produttori occidentali, che venendo acquisiti da competitors indiani anche di minor profilo (come nel caso Tata vis a vis Corus) si assicurarano a loro volta garanzie di crescita ed espansione con in più la comodità di delegare al new boss la sgradevolezza di ridimensionamenti occupazionali e ristrutturazioni.

Insomma: il gioco era già duro prima, lo diventerà sempre di più nei prossimi anni e mesi. E Tata rappresenta in questo convulso quadro il caso forse più drammatico dell’irrevocabile degenerazione da modalità d’impresa diciamo “benevolente” (o “spirituale” come l’ha generosamente definito Danilo Taino in un’intervista a Ratan Tata, sul Corriere della Sera febbraio 2007) ad altre, decisamente più predatorie, come sta dando ripetutamente prova da qualche tempo. (vedi TATA STORY 2).

Peccato, perchè la Tata Story “ufficiale” era stata per almeno tre quarti di secolo piuttosto bella, una storia di cui davvero andare fieri. E su cui ovviamente il Tata web site, il poderoso Press Communication Department, nonchè il “Russi Modi Museo per l’Eccellenza” che la casa madre mantiene con meticolosa cura a Jamshedpur, continuano a ricamare in tutti I modi. Ma che non sarà mai più la stessa – proprio ora che non solo l’India, ma il mondo intero, ne avrebbe cosÏ bisogno.

di Daniela Bezzi (pubblicato su Notizie Internazionali N. 105 – maggio 2007)

TATA STORY 2


immagine >>link: http://www.bhopal.net/opinions/archives/2007/02/index.html




… o di coperta conflittualità?


Difficile immaginare una casata che nell’arco di 100 anni sia riuscita a mantenere invariato una pari reputazione di good business – nel doppio senso di alti profitti e Corporate Responsibility (o Responsabilità di Impresa). Difficile anche immaginare una conglomerata più ramificata e variamente posizionata dentro e fuori dell’India. Ben 93 diverse società, un fatturato equivalente al 2,9 del Pil indiano, una gamma infinita di produzioni e comparti. Tata & Sons in India è praticamente tutto, acciaio, telefonia, assicurazioni, energia, auto, servizi informatici, real estate, trasporti, camions, hotellerie, R&D, the e alimentari, belletti e orologi, aerie e yacht di lusso, auto e sempre più “servizi”, soprattutto finanza, per la gioia di 2,8 milioni di azionisti. Fuori dall’India Tata è una rete infinita di Joint venture, compartecipazioni, sussidiarietà e ottime relazioni (dal gabinetto di Gordon Brown in Inghilterra ai vari Bilateral Commerce and Business Groups, incluso il nostro sempre più fruttuoso India-Italy Commerce Group).
In che modo una tale e pervasiva operatività sia riuscita a perpetrare per un secolo esatto (visto che il centenario di Tata Steel si è festeggiato proprio quest’anno alla fine del mese di Agosto) una tale immagine di “capitalismo benevolente” o addirittura “spirituale” (come nell’entusiasmo si è sbilanciato a titolare il Corriere della Sera una rara intervista con Ratan Tata, pubblicata nel febbraio 2007) è sicuramente il prodotto di un’ottima “corporate communication” a sostegno di qualche indubbia buona azione. » comunque assodato che il 70% dei profitti Tata viene spalmato in varie iniziative di welfare o beneficienza a vario titolo (compresi omaggi agli amici, alle organizzazioni, ai giornalisti – e naturalmente agli attivisti da tenere amici, ecc.) che è un ottimo modo per ridurre le tasse facendo bella figura. E soprattutto (come ha avuto il candore di argomentare lo stesso Ratan Tata) è il miglior modo di “contenere il conflitto sociale”.

Di questa storia che si vuole solo gloriosa e “bella” è sempre esistita fino ad ora un’unica versione, soprattutto infiorata dal biografo ufficiale (tale Russi M. Lala). Con poche possibilità di verifica essendo l’immenso archivio conservato nei Caveaux del “Russi Modi Centre for Excellence” di Jamshedupur, ovvero considerato anch’esso “patrimonio” dei Tata - come del resto tutta la città, non a caso meglio nota come Tata Nagar, ovvero Tata City (la città ad amministrazione privata che i Tata fondarono nel 1907 in Jharkhand attorno alle acciaiere. E che abbiamo già raccontato nell’articolo "Tata Story 1” (consultare archivio a sinistra), rimandando I lettori all’infinità di siti ufficiali per maggiori dettagli.
Negli ultimi tempi però la Reputazione dei Tata si è gravemente incrinata, soprattutto in seguito al massacro dei 12 tribali di Kalinga Nagar (primi gennaio 2006) dove Tata Steel aveva previsto di raddoppiare il proprio output produttivo. E di nuovo la requisizione delle terre agricole di Singur ottenuta con la forza il 2 dicembre 2006, ha scosso e diviso l’opinione pubblica indiana – soprattutto per le conseguenze di disordini e violenza che da Singur a Nandigram ha messo a ferro e fuoco fino al mese scorso l’intera regione del Bengala, provocando uno scontro sociale comparabile solo a quello che negli anni ’70 vide la nascita del Naxalismo - ovvero la reazione armata, di ispirazione maoista.
Tra le varie contro-storie, la più recente e tra tutte più completa è redatta e diffusa dall’indiana ICJB (International campaign for Justice in Bhopal) con il titolo “Il vero volto dei Tata”. Ne stralciamo alcuni punti, rimandando per dettagli al sito www.bhopal.net/tataùrapsheet.html

1) complici della tragedia di Bhopal: l’inadeguatezza delle misure di sicurezza, nonostante I ripetuti allarmi degli operai, fu tra I maggiori capi d’accusa che causarono l’esplosione chimica del 2 dicembre 1984 e successivamente portarono all’arresto del dirigente della Union Carbide, Warren Anderson. Tra I pochissimi a condannare quell’arresto furono proprio all’epoca i vertici Tata. Da notare: buona parte delle apparecchiature di smaltimento erano state installate da Tata Consulting Engineers. Incredibilmente, e nel più totale disprezzo verso un movimento che da 23 anni pretende giustizia per quanti morirono asfissiati a migliaia quella notte e per le centinaia di migliaia che da tre generazioni sono vittime del disastro, Ratan Tata in persona (nell’influente ruolo di chairman del Forum ‘US-India Business’) sta di nuovo perorando il re-ingresso in India di Dow Chemical (che nel 2001 ha acquisito la Union Carbide e di conseguenza anche la responsabilità legale del caso): con tipica magnanimità Ratan Tata si è offerto di “prendersi cura” dello smaltimento dei residui tossici abbandonati dalla Union Carbide a Bhopal, in modo da chiudere l’annoso incidente e rendere così possibile un sostanzioso investimento di Dow Chemical - tra l’altro proprio in Bengala. Numerose manifestazioni di protesta sono state inscenate davanti all’Ambasciata Indiana di Londra. Amnesty International ha denunciato l’inopportunità dell’iniziativa;

2) una corporatocrazia? Nonostante la crescente opposizione (anche legale) i Tata persistono nel rivendicare la proprietà della città di Jamshedpur come cosa propria, requisita ‘naturalmente’ nel 1904 dal capostipite Jamshetji e tuttora priva di municipalità o governo eletto. Motivazione: “privatamente le cose funzionano così bene, perchè cambiare…”

3) gli affari con la Giunta militare birmana: persino Pepsi Cola è stata costretta ad uscirne qualche anno fa per la boycott campaign in occidente; ma i Tata non hanno avuto scrupolo nel firmare nel gennaio 2001 un accordo con la giunta militare di Myanmar per intensificare la cooperazione nel settore energetico. Accordo che prevede ‘crediti’per 20 milioni di dollari per migliorare la raffineria di Thanlyin in vista delle condutture che attraverso il Bangladesh permetterebbe al Governo indiano di ridurre la crescente emergenza energetica;

4) requisizioni, salute, impatto ambientale: vox populi fa risalire le prime estrazioni ferrose di Noamundi nel Jharkhand, da cui tuttora Tata Steel ricava ciò che poi lavora nell’acciaieria di Jamshedpur, ad una vera e propria occupazione di terre tribali e all’abbattimento delle foreste di Kosam da cui le tribù locali (Ho) ricavavano la lacca che era la loro unica attivitàoltre all’agricoltura. Privi di ogni altro sostentamento, ridotti alla fame gli adivasi (tribali) vennero quindi “forzati” a lavorare in miniera – in condizioni non tanto diverse da quelle attuali. Ben più gravi di allora sono sicuramente I livelli intollerabili di polluzione derivanti dall’intensificarsi del saccheggio (come ripetutamente denunciato dall’ottima rivista di ecologia Down To Earth).

Non minore l’emergenza creata dalle miniere di Cromo nelle aree di Sukhinda al confine con l’Orissa: il fiume Domsala e ben 30 corsi d’acqua che da esso derivano, risultano contaminati da altissime percentuali di hexavalent chromium (causa di malattie al tratto respiratorio, ulcere al setto nasale, spasmi bronchiali e polmonite). Altro disastro ambientale: quello del settembre 2003 in Gujarath, dove le ceneri di soda di Tata Chemicals in Mitahpur contribuirono al degrado dell’eccezionale biodiversità di oltre 10 km di costa, nel Marine National Park del Golfo di Kutch. E un altro insediamente chimico vicino a Hyderabad è comunemente definito “Inferno in terra” per le invivibili condizioni create da Rallis India, sussidiaria di Tata nel settore dei pesticidi;

5) violenza, massacri, diritti umani:
le popolazione della cittadina di Gua (sud Jharkhand) ricordano tuttora le violenze subite nel settembre 1980, per essersi opposte alla costruzione di un areodromo destinato esclusivamente agli “ospiti” o funzionari di Tata Steel – ma che avrebbe comportato la sparizione di parecchi villaggi nel circondario. La crescente tensione sfociò in una repressione che costò la vita di parecchie persone – e alcuni dei feriti vennero finiti a baionettate (!) addirittura dentro l’ospedale.
A Kalinga Nagar, nel Nord dell’Orissa, dove Tata Steel aveva progettato di raddoppiare il proprio output produttivo con un secondo impianto siderurgico, il massacro dei 12 tribali (2 gennaio 2006) ha provocato un coro di proteste e di denunce senza precedenti, dentro e fuori dell’India. L’episodio è anzi ormai considerato un punto di non ritorno nella situazione di tensione che attualmente caratterizza tutte le zone minerarie dell’India. E l’occupazione “per protesta” della National Highway 200 (la maggiore arteria di traffico commerciale dell’India, in quanto collega ad una media di 4000 camion al giorno la città di Mumbai al porto di Paradip, principale porto per l’export verso il resto dell’Asia) è proseguita per oltre 14 mesi. La resistenza tribale, sia a questo che ad altri progetti minerari, non accenna a spegnersi.
La fiorente economia agricola di una vasta estenzione agricola a soli 40 Km da Kolkata in località Singur, che dava da vivere a una popolazione di circa 6.500 famiglie (ovvero oltre 20 mila anime) non è riuscita invece a contrastare l’autoritaria requisizione delle terre che il 2 dicembre 2006 sono state ordinate per conto di Tata Motors dal governo del Bengala, nonostante I regolari certificati di proprietàdei molti proprietari (solo per il 50% d’accordo per la cessione) e l’impossibilità di indennizzare le migliaia di bargadars (ovvero mezzadri) che vi lavoravano. Motivazione delle requisizioni, impugnate con il coloniale Land Acquisition Act (1894): la regione ha bisogno più di industrie che di produzione agricola e collaterali attività. Impianti cui le terre verranno destinate: quelli per la fabbricazione della famosa low cost car, in compartecipazione sia tecnica che distributiva con Fiat. (Ne riferiamo in particolare nell’Art. “Il costo di quella low cost”).

La più disperante resistenza (ma sarebbe meglio definirla processo di estinzione) riguarda infine le poverissime regioni del Bastar, in Chattisgarh, un vasto territorio da millenni popolato da etnie antichissime di aborigeni (per lo più Gond) sempre più schiacciati letteralmente tra due fuochi: da una parte le sempre più agguerrite milizie naxalite (e risale al 15 marzo di quest’anno il ricordo delle decine di poliziotti uccisi durante un’operazione “dimostrativa”), dall’altra le milizie del cosiddetto Salwa Judum (che significa “marcia della pace”), molto probabilmente sponsorizzate dalla stessa Tata Steel - o così si ritiene localmente. Le testimonianze di coloro che hanno potuto visitare questi luoghi documentano l’atroce disumanitàdei campi cosiddetti “di rifugio” (o piuttosto “di concentramento”) in cui gli abitanti dei villaggi sono stati costretti a riparare, in fuga dai loro villaggi dati alle fiamme, o resi impraticabili per l’escalation del conflitto ambientale.

6) relazioni sindacali:
Gli inizi - Ancora poco documentate (ma oggetto di crescente interesse e ricerca) le condizioni del lavoro minerario durante i primi anni di attivitàdi TISCO (Tata Iron e Steel Company) nei primi anni del secolo scorso. In totale contrasto con le edulcorate versioni diffuse dalla vasta pubblicistica TATA, la memoria prevalentemente orale di quei territori “racconta” la storia di una lotta durissima contro le condizioni di lavoro che un Management “di ferro” (per lo più Parsi ed Europeo) riuscì ad imporre a popolazioni aborigene inizialmente e fieramente “riluttanti” a fare propri ritmi e modalitàdi lavoro nelle viscere delle loro terre (da essi venerate addirittura come Terra Madre, fonte di Vita, Fertilità).
I suicidi - Subito dopo aver assunto le redini del “business di famiglia” nel 1991, Ratan Tata adottò una politica di drastico ridimensionare per parecchie aziende del Gruppo. Clamoroso il caso di alcuni operai che nel 2003 si cosparsero di kerosene e si diedero fuoco per protesta.
Quando nel 1980 il costo dei terreni cominciò a crescere nel centro di Mumbai, le piccole officine tessili impossibilitate ad investire nella propria modernizzazione vennero persuase a vendere I terreni su cui sorgevano. Lo stesso fece Tata, allora ancora proprietaria della Swadeshi Mills – una delle aziende tessili più antiche di Mumbai. Ma a prezzi così bassi che in effetti determinarono il ribasso generale di tutta l’area, a grave scapito delle officine più piccole. Successivamente si venne a scoprire che anche questa era stata una precisa strategia, per facilitare l’accapparramento di vaste zone centralissime (e come si sarebbe poi visto, immenso valore commerciale) da parte di altri “soggetti economici” per la maggior parte “affiliati” alla Tata.
Condizioni occupazionali – Contrariamente alla leggenda che sottolinea le superiori condizioni di impiego in “casa Tata”, il numero di operai impiegati da Tata Steel si è letteralmente dimezzato nell’ultimo decennio: da 78.000 che erano nel 1994, il numero era giàsceso a 65.000 nel 1997 e nel 2002 altri 15 mila posti di lavoro erano stati eliminati, portando infine a 38.000 il totale degli operai “regolarmente impiegati” nel 2006. Tra questi più di 25 mila hanno ricevuto incentivi al pre-pensionamento che l’Azienda descrive come “volontari” ma che in effetti (secondo molte testimonianze) sarebbero il prodotto di un classico mobbing.
Relazioni sindacali – Nel 1989, gli operai organizzati nel sindacato nel Telco Kamgar Sanghatana (alla fabbrica della Telco di Pune) proclamarono uno sciopero per ottenere degli aumenti salariali. Per romperne l’unità il management Tata offrì un lieve aumento agli operai del Sindacato rivale, diffondendo al tempo stesso minacce severissime per chiunque osasse scioperare. Ciò non impedì, nel settembre 1989, lo sciopero a tempo indeterminato di ben 3000 lavoratori. Man mano che lo sciopero proseguiva e nessun negoziato sembrava in grado di scalfire l’unità operaia, l’amministrazione locale cominciò a ricevere pressioni di “intervento” da parte dei Tata e di altri grandi industriali. La crisi sfociò quindi (nella notte del 29 settembre 1989) nella cosiddetta e tuttora famosa Operazione Crackdown: un’azione militare in piena regola, di notte, con l’ausilio delle forze di polizia delle cittàdi Pune, che si concluse con l’incarcerazione di centinaia di scioperanti. Per portarli via tutti (con la forza) furono necessari ben 80 autobus!
Cadaveri (non) eccellenti – Abdul Bari e V.G.Gopal erano due sindacalisti e vennero uccisi (ufficialmente da alcuni sindacalisti di una formazione rivale alla loro) per aver rifiutato i termini di una certa vertenza contro la Tata. In entrambi i casi (mai realmente indagati) “vox populi” parla di inquietanti responsabilità da parte della Direzione Tata nell’istigare gli assassini.
7) capitalismo spirituale vs resistenza territoriale nel: - 1996: nel caso della resistenza dei tribali del distretto di Rayagada in Orissa, contro un progetto minerario che avrebbe trivellato il sacro monte Baphlimali per estrarne Bauxite. La vicenda culminò nel 2000 con l’uccisione di tre giovani durante una pacifica dimostrazione di protesta, in difesa del sito prescelto per la miniera.
- 2000: quando i Tata furono costretti ad abbandonare uno dei tanti progetti di siderurgia nella città costiera di Gobalpur. A fermarli fu la massiccia protesta di oltre 20 mila persone che erano state espulse con la forza dalle loro terre per fare spazio agli impianti. Anche in questo caso si verificarono scontri di polizia con spargimento di sangue e parecchi feriti. In particolare nell’agosto del 1997 la polizia aprì il fuoco contro un rally di protesta a Sindhigaon. Due donne persero la vita durante I tumulti.
- Alla fine degli anni ’90, quando la protesta di circa 120 mila pescatori costrinse i Tata ad abbandonare il progetto di convertire vaste porzioni del Lago Chilika in un sito per l’allevamento intensivo di pesce (progetto che avrebbe tra l’altro previsto il coinvolgimento di numerosi “partners” internazionali).

di Daniela Bezzi (pubblicato su Notizie Internazionali N. 105 – maggio 207)

Fonti: Amnesty International, FIAN Report, Nostromo.org, Students from Bhopal.org

sabato 27 ottobre 2007

Medha Patkar è ripartita per l'India...

Speriamo di rivederla presto

L'attivista indiana Medha Patkar che dai primi di dicembre 2006 è stata testimone delle requisizioni autoritarie nelle campagne del Bengala occidentale e leader, voce, corpo (più volte malmenata e arrestata) della protesta contadina, è stata di recente in Italia per documentare la situazione di permanente scontro sociale in quell'area. E per informarce che nonostante la protesta permanga vivissima, la produzione della 'macchinetta dei poveracci' (come l'hanno definita ai piani alti della Fiat) è proseguita. Il prototipo (come è già stato annunciato con grande euforia anche sulla nostra stampa) verrà presentato in gennaio al Motor Show di New Delhi. Medha Patkar ha sfilato con le centinaia di migliaia che marciavano per le strade di Roma, per la grande manifestazione del 20 ottobre e verso la fine, di fronte al mare di volti e bandire che nonostante il freddo riempievano Piazza San Giovanni, ha riscaldato tutti quanti con un tonante intervento che non aveva bisogno di traduzione, che risuonava dell'urgenza e del quotidiano abuso che per l'India hanno parole come 'neo-liberismo', 'profitti' e 'precarietà'.
Medha Patkar è ripartita due giorni fa (25.10.2007). Stanchissima dopo una settimana intensa di incontri e consultazioni.
Ansiosa di ricongiungersi con le troppe situazione 'calde' nel suo
Grande Paese. Incerta circa i risultati conseguiti durante la sua
permanenza qui. E la sensazione, anche per noi che l'abbiamo seguita da
vicino, è che siamo riusciti a riportare 'a galla' la
questione-Singur... ma solo a galla. E i marosi sono alti. In parte
perchè è una questione lontana; in parte perchè nessuno ha voglia di essere una 'voce fuori dal coro'... E il Coro è da mesi Pro-MammaFiat e Grazie-Bravo-Marchionne...
Sfugge la relazione fra crescente (nel caso della low.-cost-car irresponsabile) pauperizzazione di laggiù con quella di quaggiù. Sfugge la relazione tra gli ottimi profitti dichiarati e tale pauperizzazione...
E il pericolo è che tutto
quanto riaffondi ben presto nel dimenticatoio, se non ci si
lavora sopra con costanza e spirito di 'resilienza'. Quella
'resilienza' ricordata pochi giorni fa dall'intervento di Alex
Zanotelli, in occasione dell'Inaugurazione del 'Centro di
Documentazione sui Conflitti Ambientali' appena aperto a Roma al Bio Parco di Villa Borghese, a cura
dell'Org ASUD.

Qui a fianco vari materiali di documentazione essenziale. Ne seguiranno
altri. L'impegno minimo che abbiamo preso con Medha Patkar è di aggiornare
questi materiali costantemente. I cittadini italiani, gli utenti e soprattutto gli
azionisti Fiat hanno il diritto di essere informati circa le
implicazioni (non tutte e solo 'luminose') della 'promettente'
partnership con Tata Motors in India.

Per esempio: un recente studio ha rilevato l'alto "valore inquinante"
di quella macchinetta low-cost, con motori e dispositivo di alimentazione
(courtesy by Fiat) che sarebbero inaccettabili da noi... Ve lo
proporremo presto, tradotto nelle sue parti essenziali. Per il momento
attendiamo vostri commenti & stay in touch...

Dichiarazione di solidarietà

Dichiarazione di Solidarieta' dei Movimenti italiani
per una resistenza condivisa
tra India e Italia contro l’aggressione neoliberista

Noi sottoscritti, organizzazioni ed individui, rappresentanti di movimenti sociali, sindacati e organizzazioni di cooperazione, vogliamo qui esprimere il nostro sostegno e la nostra solidarietà
con le battaglie e la resistenza dei popoli in India.

Siamo consapevoli degli abusi e della repressione che contadini, pescatori e lavoratori indiani stanno subendo nel loro paese per difendere le loro risorse contro l’accapparramento delle multinanazionali, spesso in collusione con i poteri statali.

La lotta di Singur, che da mesi vede contadini (sia proprietari che lavoranti) uniti insieme ai piccoli commercianti ed artigiani contro la requisizione forzata di 400 ettari di terreni agricoli e fertilissimi, è un episodio quanto mai significativo. Ed è triste assistere alla nascita della famosa “low cost car”, prodotto (tra gli altri) della Joint Venture TATA-FIAT, in un tale contesto di brutalità, illegalità, false promesse di indennità - invece di regolari e democratici processi di consultazione con coloro che in quelle terre vivono e lavorano da sempre. Significativo il fatto che il 40% dei proprietari abbia rifiutato le indennità in danaro offerte – ritenendo la propria terra (e terra fertile, magnificamente lavorata, terra che produceva dai 3 ai 5 raccolti all’anno) più preziosa di qualsiasi somma. Vergonognoso anche il fatto che un altro 40% sia stato costretto ad accettare indennità inferiori al reale prezzo di mercato – e costretto con la minaccia e con l’intimidazione, con l’ausilio della polizia, con l’impiego della peggior manovalanza incaricata di recintare quei terreni quando ancora erano in corso le consultazioni.

Esprimiamo rispetto e ammirazione per la popolazione, in particolare per le donne di Singur, che nonostante i tanti episodi di violenza e abuso, nonostante le centinaia di arresti e di fermi, nonostante le denunce prive di alcun fondamento, hanno continuato ad opporsi. Esprimiamo costernazione nell’apprendere che la nostra prima industria, la FIAT, lungi dal sottrarsi da questo stile di impresa “d’assalto”, lungi dal dissuadere la potente partner Tata Motors (con la quale è in Joint Venture su una molteplicità di obiettivi) dall’occupare terreni agricoli così fertili e produttivi e situare quel progetto industriale in aree non coltivate (e quindi non contestate) ha preferito ignorare la questione, in tal modo smentendo quegli impegni di Responsabilità Sociale ed Ambientale ufficialmente presi con la propria comunità di azionisti, utenti e lavoratori (come chiaramente riportato nel sito web). E con pari costernazione prendiamo atto dello “stile di governo” dell’Amministrazione di “sinistra” dello Stato del Bengala occidentale, così poco interessato al futuro della propria popolazione – ma così pronto a concedere ogni genere di facilitazione alle corporazioni, in vista di maggiori investimenti. Sappiamo bene, poichè questo stiamo sperimentando anche nel nostro paese, che non sempre gli investimenti su scala globale sono garanzia di maggior impiego e migliori standard di qualità e di vita – ed anzi, a tutti i livelli e settori della nostra economia, ciò è causa di crescente insicurezza e precarietà.

Per tutte queste ragioni esprimiamo il nostro pieno sostegno per la lotta di Singur e per i movimenti sociali attivi su tanti altri fronti di resistenza in India. In particolare raccomandiamo che:
Sia promosso un processo di dialogo con il Comitato che si oppone alla requisizione territoriali e che venga rispettata la volontà di coloro che non intendono cedere le loro terre a Singur;
Si promuova la più ampia ed efficace alleanza all’interno dell’India e dell’Italia e tra movimenti e organizzazioni di entrambi i Paesi, per contrastare quegli investimenti che violano la democrazia e i diritti umani e che minano l’autonomia economica degli individui e delle comunità;
Tata Motors trasferisca altrove i suoi impianti di produzione per la “low cost car” o in caso contrario, che Fiat condivida le responsabilità (insieme ai profitti) dell’impatto sociale ed ambientale che una tale e promettente partnership d’affari comporta.

Ci impegniamo quindi a promuovere un’ampia alleanza e una campagna India-Italia, con l’obiettivo di disseminare e scambiare informazioni ed opinioni, di monitorare costantemente il verificarsi di incidenti e problematiche analoghe a quelle di Singur, e con il progetto di individuare nuove e migliori strategie di resistenza e opposizione.

Se sei d'accordo con questo appello fallo circolare.
Quando hai totalizzato 100 firme (nome, cognome ed eventuale affiliazione) invialo all'indirizzo mail nosingur@yahoo.it

Lettera aperta di Medha Patkar...

La mia scomoda verità

Lettera aperta di Medha Patkar alla città di Torino

Care amiche e cari amici, gentili cittadine e cittadini, onorevoli imprenditori e autorità,

Cinque anni fa, in questo stesso periodo dell’anno, una delegazione del Narmada Bachao Andolan, (il Movimento di Resistenza contro il mega progetto di dighe sul fiume Narmada) veniva ricevuto con grande onore dalla vostra ospitale città. Tra essi, la scrittrice Arundhati Roy insieme a vari attivisti e film makers che nel corso degli anni hanno seguito e documentato questa straordinaria esperienza di resistenza. In quel momento ero molto impegnata, come ogni anno subito dopo i monsoni, con le sommersioni che vedevano in pericolo un gran numero di villaggi nelle aree vicine alla diga - e non mi fu possibile essere con loro. Ma l’eco della solidarietà e del sostegno che avete avuto modo di esprimere alla nostra lotta, è arrivato fino in India.

Cinque anni dopo, la diga Sardar Sarovar ha raggiunto quota 122 metri. E poiche non c’è terra disponibile per mantenere l’impossibile promessa della “nuova terra in cambio della terra requisita” i lavori si sono interrotti (grazie al cielo) di nuovo. Ma la gente non ha smesso di lottare per costringere il governo a cancellare una volta per tutte il progetto. Alla data attuale, non meno di 200 mila persone potrebbero essere salvate.

Ma la ragione per la quale ho deciso di scrivervi questa lettera oggi è mettervi al corrente circa la terribile ingiustizia che ha colpito migliaia di contadini (in parte proprietari, nella maggior parte semplici lavoranti) che una volta dipendevano dalle terre più fertili che possiate immaginare, nel Bengala Occidentale. Ebbene: quelle terre sono state cancellate per far posto a un progetto di industrializzazione che (mi hanno detto) qui in Italia Ë stato descritto come esempio di “nuovo e visionario coraggio” del Ministro di quell’area, Bhuddadeb Bhattacharjee – ma che in effetti ha registrato un enorme costo umano, ambientale e sociale, per la gente che in quella regione viveva da sempre.

Mi riferisco all’area di Singur, a ca 40 km dalla città di Kolkata: dove non meno di 22 mila persone sono state costrette a sloggiare dalle loro case e terre per far spazio agli impianti in cui TATA Motors produrrà la sua famosa “low cost car”. In nome dello Sviluppo Industriale, un’area di 400 ettari dieci volte più estesa dello Stato del Vaticano e straordinariamente produttiva (dai 3 ai 5 diversi raccolti all’anno) è stata requisita con la forza.
I contadini si sono opposti dal momento stesso in cui il progetto è stato annunciato, nel mese di maggio 2006. Ma la loro voce è stata ignorata. Si sono opposti di nuovo in luglio e in Settembre, e durante quegli scontri un giovane ha perso la vita. Hanno provato di nuovo a resistere anche il 2 dicembre – ma non sono riusciti a contenere la forza militare di 600 poliziotti e 1500 “agenti” reclutati apposta per recintare quelle terre nel minor tempo possibile contro la loro volontà, e sebbene una buona metà delle terre non fossero ancora state cedute poiche era in corso il negoziato con i proprietari. In quei giorni, molte donne vennero umiliate e molestate, ingiustamente accusate dei più assurdi reati da parte della forza pubblica. Io stessa, insieme ad altri attivisti sociali, sono stata fermata, malmenata e arrestata per ben tre volte in una sola settimana - e sia a me che ad altri attivisti impegnati sul fronte dei Diritti Umani è stato negato il diritto di visitare l’area.

Da quel giorno Singur è stato un campo di battaglia, teatro di una serie di episodi di sangue, violenza e abusi. Durante i mesi di febbraio e marzo la polizia ha più volte picchiato a colpi di lathi (la micidiale canna di bamb_) chiunque osasse far sentire la propria voce. Il momento più cupo è stato lo stupro e poi l’uccisione di una ragazza, Tapasi Mallich, rea di avere guidato un dharna (seduta di protesta nonviolenta) nel suo villaggio. Molte altre morti, per assassinio o per suicidio, sono seguite dopo la sua. L’ultimo episodio è di poche settimane fa: un contadino che, rimasto senza la terra di cui viveva, si è impiccato i primi di settembre, per disperazione.

Tutto ciò non ha impedito a TATA Motors di proseguire nella costruzione del suo stabilimento e il Governo del West Bengala ha ripetutamente dichiarato il progetto “NON negoziabile” in considerazione degli“impegni” già presi e firmati con numerosi Investitori Esteri, soprattutto con l’Italia.

La lotta è continuata per tutti questi mesi: non meno di mille famiglie, in parte piccoli proprietari, la maggior parte bargadars (cioè mezzadri, semplici lavoranti) che da generazioni dipendono dalla coltivazione di queste terre e che non si arrendono all’idea di perdere insieme ad esse l’unica fonte di sostentamento. Quanto agli stabilimenti TATA Motors: avrebbero potuto essere destinati a terre NON agricole, evitando la distruzione di una prospera economia e delle comunità che da essa dipendevano. Ma la speculazione finanziaria e immobiliare non sarebbe stata altrettanto rapida e profittevole.

E’ questo il motore che spinge tanti casi di requisizione territoriale (e sfollamenti ambientali) nell’India di oggi. Su questo infuria il dibattito che divide il mio paese circa la sempre più stretta collusione tra il cosiddetto Corporate Sector e la Politica. Di questo vorrei foste informati. Le stragi che si sono poi verificate a Nandigram (nel marzo scorso, durante gli scontri scoppiati in opposizione a un grosso progetto di insediamento petrolchimico a beneficio dell’indonesiana Salim) hanno finalmente bloccato, almeno per un po’, qualsiasi progetto di SEZ (Special Economic Zone) in Bengala. Ma non a Singur, che non Ë mai stata neppure dichiarata SEZ. Singur è semplicemente passata di mano, ridotta a feudo della famiglia TATA, a ingranaggio propulsore tra gli altri dell’alleanza TATA-FIAT.

E questo è il motivo che mi spinge a scrivervi questa lettera, oggi. Negli stessi mesi in cui noi si viveva questo sanguinoso conflitto sociale, il vostro paese spediva in India la più impressionante delegazione commerciale che mai si sia vista in 60 anni di storia post-coloniale: non meno di 450 tra uomini d’affari, banchieri, managers, delegati a vario titolo, giornalisti, accademici e naturalmente politici ai massimi livelli, hanno in pochi giorni toccato le nostre maggiori capitali con l’obiettivo di raddoppiare il volume delle transazione tra Italia e India nel più breve tempo possibile. “Le condizioni di ingresso sono favorevolissime, considerato il modesto costo dei terreni e le attraenti esenzioni fiscali” ha euforicamente dichiarato un rappresentante della vostra Confindustria al quotidiano indiano “Financial Express”.

Particolarmente triste è stato assistere al totale silenzio della vostra stampa e della FIAT, su pi_ fronti impegnata con TATA Motors e “partner” a tutto campo, sia tecnologico sia di know how, anche sul fronte della commercializzazione su mercati terzi e quindi dei profitti “globali” su questo progetto di “low cost car”. Noi, popoli e movimenti indiani, ci opponiamo a questo stile neo-coloniale di “partenariato” e ci domandiamo come possa succedere che una nazione così civilizzata e ricca di cultura come l’Italia possa associarsi a un simile e sistematico furto di terre, violento e brutale, contrario a qualsiasi nozione di Diritto Umano, e in totale contrasto con qualsiasi nozione di sostenibilità e di rispetto per l’ambiente. Ci chiediamo anche come possa essere successo che coloro che erano al corrente della situazione (i vostri diplomatici in India, i vari Funzionari e Ministri che hanno preparato la Missione Prodi in India) possano essere rimasti cosÏ indifferenti alle notizie degli scontri, benchè fossero sotto gli occhi di tutti.

Mi dicono che la città di Torino, e proprio negli ex impianti industriali del Lingotto, ha ospitato esattamente un anno fa (ed ospiterà di nuovo il prossimo anno) la più grande e magnifica celebrazione dei valori economici e culturali di “Terra Madre”. E non posso fare a meno di pensare che, forse, anche una piccola delegazione dalle campagne di Singur avrebbe potuto essere tra i vostri ospiti della prossima edizione, se quei 400 ettari di terra fertile e amorosamente coltivati non fossero stati distrutti con tutti i loro frutti. Mai più lo sviluppo industriale riuscirà a imporsi nel nostro paese a spese dello sviluppo agricolo raggiunto dai nostri contadini nell’arco di anni di costante sforzo! Come può un Governo italiano che si definisce di Centro-Sinistra, ritenersi “Partner” di un simile progetto di distruzione, di una simile “produzione” (invece che diminuzione) di povertà? E’ questo il “partneriato economico” che l’Europa, l’Italia, il vostro On. Primo Ministro Romano Prodi hanno in mente?

Mi appello a voi e al vostro Parlamento affinche il conflitto sociale esploso nelle aree di Singur riceva d’ora in poi la massima considerazione, a maggior ragione dopo che la stessa Alta Corte di Kolkata ha recentemente rilevato l’illegalità di quelle requisizioni; nonche le condizioni di assoluta convenienza offerte a TATA Motors, a fronte delle perdite sofferte da un’intera collettività. A nome di tutti coloro che stanno soffrendo per l’iniquità di quelle requisizioni, mi auguro di udire almeno UNA voce di protesta, proveniente dall’Italia, contro questa volgare ingiustizia che si sta perpetuando a spese del nostro settore agricolo e delle comunità rurali, in Bengala occidentale e altrove.


Torino, 22 ottobre 2007